27 luglio 2015

Spaghettini con coda di rospo, pomodori Marinda disidratati e mandorle tostate al sale



La coda di rospo (o rana pescatrice) è un pesce che, non so bene per quale motivo, uso quasi esclusivamente come base per i condimenti della pasta, mentre quasi mai lo consumo come secondo piatto.

Anche questa volta, quindi, un primo, dove alla coda di rospo, saltata in padella con olio extravergine di oliva, aglio e origano fresco, ho abbinato i pomodori Marinda, gli ultimi della stagione - se non li trovate, potete sostituirli con i Casalino o con i San Marzano - che ho fatto disidratare in forno condendoli solo con sale marino, poco zucchero e origano, questa volta secco.

Come elemento croccante, infine, le mandorle - ho usato quelle in bastoncini, solo perché le avevo in casa e voi potete usare la granella, più facile a trovarsi - che ho tostato in padella con del sale marino.

Come quasi sempre faccio, cottura separata degli elementi del condimento e, per quanto riguarda pomodori e mandorle, uniti solo al termine della mantecatura, proprio per mantenere un netta separazione tra i differenti sapori.

Ingredienti (per 6 persone)
  1. Mezzo chilo di spaghettini
  2. Quattro etti di polpa di coda di rospo
  3. Quattro pomodori Marinda
  4. Due cucchiai di mandorle pelate (vedi sopra)
  5. Qualche rametto di origano fresco (vedi dopo)
  6. Un pizzico di origano secco
  7. Un pizzico di zucchero
  8. Due spicchi d'aglio
  9. Mezzo bicchiere di vino bianco (opzionale)
  10. Olio extravergine di oliva
  11. Sale marino
  12. Pepe nero

Dedicatevi per prima cosa ai pomodori Marinda, che laverete e poi taglierete in fette spesse all’incirca un centimetro, dalle quali ricaverete, con tagli successivi, dei cubetti di circa un centimetro di lato.

Prendete poi una teglia, metteteci sul fondo un foglio di carta da forno e poi disponeteci i cubetti di pomodoro, salandoli leggermente e aggiungendo anche un pizzico di zucchero, che aiuterà ad eliminare la componente acida, per una dolcezza ai massimi livelli e, per finire, l'origano secco, anch'esso in quantità modesta e distribuito quanto più uniformemente possibile.

Infornate i pomodori a 60° per circa un'ora, tenendo comunque presente che la loro appassitura dovrà essere modesta, più che altro mirata ad ridurre il loro contenuto d’acqua in modo da esaltarne il sapore. Quando i pomodori sono pronti, toglieteli dal forno e fateli freddare a temperatura ambiente.

Prendete poi la coda di rospo e, se già non lo ha fatto il vostro pescivendolo, eliminatene la pelle, sollevandola a partire dalla coda e poi tirando con una certa decisione. Volendo potete usare un coltellino molto affilato, con il quale separerete la pelle dalla polpa, nel caso lo "strappo" risultasse difficile, anche se così non dovrebbe essere.

Ricavate dalla coda solamente la polpa, scartando quindi la cartilagine centrale ed eventuali altri parti dure, poi pesatela alla quantità indicata e tagliatela in pezzi regolari, idealmente dei cubi di circa un centimetro di lato, anche se non vi dovete preoccupare troppo di forma e misura, dato che la cottura ammorbidirà la coda al punto tale che questa si sfalderà naturalmente in pezzi più piccoli.

Prendete una padella, ampia abbastanza da poter poi contenere la pasta per la mantecatura finale, metteteci quattro o cinque cucchiai d’olio, i rametti di origano fresco (usato il prezzemolo se non lo avete) e i due spicchi d'aglio sbucciati e tagliati a metà nel verso della lunghezza.

Portate la padella sul fuoco, a fiamma media, facendo soffriggere il tutto fino a quando l’aglio non si sarà dorato, momento nel quale lo toglierete, togliendo anche i rametti di origano.

Unite la coda di rospo e fatela rosolare per un paio di minuti, aggiungendo poi, se vi ci piace, il vino bianco e lasciandolo sfumare (io ultimamente, con il pesce, il vino non lo uso più).

Proseguite la cottura a fiamma vivace, inizialmente con il coperchio e poi senza, cuocendo in tutto per circa cinque minuti, avendo cura che il fondo si restringa ma non del tutto, lasciandovi un liquido piuttosto denso, che avrà il suo ruolo nella mantecatura finale.

Assaggiate, nel caso regolate di sale, quindi spegnete e mettete da parte, con il coperchio.

Prendete ora le mandorle - se usate quelle intere, rompetele prima grossolanamente usando un coltello a lama grande - e mettetele in un padellino anti-aderente, insieme ad una buona dose di sale marino - direi che un cucchiaino colmo vada più che bene - e portatelo sul fuoco, a fiamma media.

Fate prendere calore e, girando o ruotando il padellino quasi continuamente, fate tostare le mandorle, in modo che il sale possa aderire alla loro superficie e, quando le mandorle avranno assunto un bel color marroncino, spegnete e travasatele in una ciotola, avendo cura di lasciare il sale in eccesso nel padellino.

Mettete in una ampia pentola l'acqua per la pasta - se vi va, ripassate prima la teoria - salatela e portatela sul fuoco e, quando sarà a bollore, unite la pasta, facendola cuocere, ma mantenendola al dente.

A pochi minuti alla fine della cottura della pasta, prendete una tazza e prelevate un po' dell'acqua, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale e, allo stesso tempo, portate sul fuoco la padella con la coda di rospo, in modo che questo sia ben caldo al momento in cui scolerete la pasta.

Quando la pasta è cotta, scolatela e travasatela nella padella dove l’aspetta il suo condimento, quindi riportatela sul fuoco, alzate la fiamma al massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo l'acqua di cottura messa da parte.

Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo, quindi spegnete e unite i pomodori disidratati, le mandorle tostate e date una generosa macinata di pepe nero, quindi mescolate nuovamente per armonizzare il tutto.

Impiattate rapidamente, guarnite come meglio credete e poi portate velocemente in tavola, per evitare che la pasta si asciughi, perdendo la sua cremosità.

Buon appetito. 

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