Siamo ciò che siamo o ciò che indossiamo ? Ciò
che ci definisce in quanto tali è il
nostro modo di essere nel mondo o il
fatto che viviamo l’essere nel mondo
attraverso ciò che ci mettiamo indosso ?
L’essere e l’apparire sono realmente due
concetti separabili ? Possiamo realmente dire che uno ha maggiore dignità dell’altro
? Non è forse vero che essere ed apparire sono, in realtà, due dimensioni
ortogonali e che noi ci completiamo solo nel punto della loro intersezione ?
Allora, se con un poco di umiltà (e qualche
preoccupazione sulla mia stabilità mentale) accettate questa teoria
intersecalista, posso serenamente condividere con voi il fatto che ho trovato
la mia intersezione e che per me il punto di realizzo dell’uomo come progetto è ciò che sono quando indosso LA
PARANNANZA. Ecco la mia intersezione !
Se Heidegger si pose il dubbio se si dovesse
ricercare l’essere o l’esser-ci,io posso fieramente dichiarare
di essere andato molto più avanti: essere
in cucina ed esser-ci con la
parannanza. Cari filosofi, beccatevi questa !
Partiamo con l’esegesi ? Beh, se partiamo,
allora vi dico subito che la parannanza è uno dei pochi capi d’abbigliamento
che nasce con una vocazione al martirio (e non è poco). Nasce per farsi
sporcare.
State cucinando ed avete le mani sporche ? Una
passata sulla parannanza et voilà, il
gioco è fatto.
Mentre mestolate allegramente il ragù sentite
un corpo estraneo nell’organo olfattivo ? Una sapiente inserzione con il ditino
e poi una rapida strusciatina sulla parannanza e non ci pensate più.
Insomma, sulla parannanza ci potete mettere di
tutto, le potete fare di tutto, e lei sarà sempre li, fedele nei secoli. Come il
cane ed il Carabiniere.
E non dimentichiamoci poi della sua valenza
sociale.
Siete a casa e vi arriva un ospite che non
sopportate ? Entrate in cucina, indossate la vostra parannanza e vi presentate
in salotto, giusto per un veloce saluto, giustificandovi con il fatto che siete
occupati con le faccende domestiche.
Vi suonano alla porta i Testimoni di Geova ?
Aprite indossando la parannanza e li liquidate dicendo che i signori non sono
in casa e che voi, povero domestico, non siete autorizzato a parlare con gli
sconosciuti.
Volete fare una sorpresa alla vostra dolce
metà ? Una bella parannanza indossata sul vostro corpicino nudo e, quando il
vostro partner si palesa in cucina, sciogliete con destrezza il nodino sulla
schiena e vi potrete beare del suo stupore, per quello che troverà nei piatti e
per ciò che troverà (o che non troverà...) sotto quel lo straccetto troppo
spesso vituperato.
Fosse per me (purtroppo non lo è per mia
moglie), ci girerei per casa, la indosserei al lavoro (una di quelle belle
parannanze blu dell’Alto Adige, che fanno tanto artigiano esperto) e ci andrei
a fare la spesa (volete mettere il rispetto che incuterei tra i banchi del
mercato ?).
Insomma, che dire, la parannanza non ha
eguali, non discrimina tra uomini e donne, non ha età, non passa mai di moda,
va bene di inverno e d’estate, piace a lui e a lei...
Basta, sono stremato, questa mia dichiarazione
d’amore alla parannanza mia ha
emotivamente provato. Ho aperto a voi i più
remoti recessi del mio cuore e della mia anima per rendervi partecipi di un
legame che affonda le sue origine nelle profondità dell’io coscente.
Eh si, siamo arrivati alla fine di questo
incubo epistemologico e vi lascio con un dubbio, che si è via via rafforzato
mentre scrivevo queste righe: siamo noi ad indossare la parannanza o, piuttosto,
è lei che indossa noi ?
bellissima esegesi di un "chela" degno di quello descritto da di Rudyard Kipling
RispondiEliminaGrazie :-)
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