Disse er carciofo quando lo immersero nell’olio bollente...
Non so voi, ma io ho un debole per il fritto. E non sto parlando solo
gastronomicamente, alla faccia di Monsignor Colesterolo, ma per l’insieme, per
l’armonia, per i suoni, gli odori, ... insomma, sono per l’olismo della
frittura.
Il fritto trascende la somma delle sue parti !
Lo sfrigolare che a volte si ode provenire da una finestra aperta, mentre
si passeggia beatamente in una Roma sorniona e assolata, è stato dimostrato
avere un potere di seduzione di gran lunga superiore a quello dei migliori
feromoni che mai possiate desiderare di avere.
E se è vero, come disse Antoine Lavoisier, che “nulla si
crea e nulla si distrugge”, io posso umilmente aggiungere che “tutto si può friggere”, conclusione
peraltro già anticipata, in modo nascosto ma geniale, dal caro Antoine, quando
concluse il suo celebre detto con “tutto
si trasforma, meglio se con croccantezza” (per quelli che non si ritrovano
con la parte finale di questa conclusione di Antoine, posso confermare che
recenti studi ermeneutici, condotti sui suoi scritti originali, hanno in realtà
confermato come fosse proprio questo il suo intento – maggiori dettagli li
potrete trovare nello studio completo, di prossima pubblicazione su Scientific American, che avrà per titolo
“Frying revealed – A quantistic approach
to the fried artichoks”).
Avete presente quei CD di musica d’ambiente, che vi consentono di sentire,
che so, “il rumore di una cascata nel
sottobosco”, “il ronfare del leone
nella giungla”, “il brusio cacofonico
e privo di struttura di una qualsiasi assemblea del Governo Italiano”, “il suono dei vostri euro che cadono nella cassa
del negoziante che vi ha rifilato il CD di musica d’ambiente” ?
Avete presente ? Bene, sappiate che
io mi sono fatto masterizzare un CD con “lo
sfrigolare del carciofo pastellato che gongola nell’olio”. Mirabile esempio
di musica avanguardista, che presto – ne sono sicuro – consentirà finalmente di
rivalutare, ahimè in peggio, il reale contributo musiografico di soggetti come Pupo o i Jalisse (a proposito, se volete ho anche la versione Karaoke, che
vi permette di sfrigolare con la bocca su una base di puro silenzio).
Bene, con la certezza che abbiate capito le mie ragioni, le mie emozioni e
i miei disturbi cognitivi, passiamo ad un po’ di fastidosia teoria.
Prima regola, fondamentale e da imparare a memoria e recitare
prima di andare a ninna: la temperatura dell'olio, pesante un po', non è calda
o fredda, ma si distribuisce in modo continuo tra questi due valori.
Seconda regola: ogni olio ha il suo punto di fumo, temperatura alla
quale l'olio comincia a decomporsi, cosa che ha, al di la di tutte le menate
chimiche, con parole di difficile pronuncia anche per un fine dicitore, e le
implicazioni sulle salute, inclusa la morte certa, un effetto sul suo sapore e,
cosa più importante, vi brucia al volo qualsiasi cosa ci mettiate dentro.
Tanto per non smentire il detto che ognuno crede di possedere la verità
assoluta, è interessante notare che, se vi fate un giretto per la rete, trovate
valori del punto di fumo che variano come variavano le stagioni che, oramai, lo
sapete, non ci sono più.
Diciamo che è più o meno accettato il fatto che, tra gli oli, il punto di
fumo più elevato è per l'olio di oliva, circa 210°, al quale segue l'olio di
arachidi con 180°. Tutto il resto, come diceva Califano, è noia.
Tornando alla temperatura per la frittura, sappiate anche che ogni tipo di
frittura vuole la sua e che se friggete un supplì a 180° ve lo ritroverete
bruciato fuori e freddo dentro (per non parlare dei supplì surgelati, che se
fritti ad minchiam ci potete infilare
uno stecco e leccarveli come un cremino), mentre se friggete una patatina a
140° vi ritroverete con una cosa moscia in mano (per molti maschietti questa
non sarà una novità).
Mai scendere comunque sotto i 140°, altrimenti l’olio non riesce a creare
quella barriera crostosa che impedisce a ciò che viene fritto di assorbirlo.
Risultato: un fritto moscio che, quando lo addentate, trasuderà olio nello
stesso modo in cui una bomba alla crema trasuda il suo gustoso ripieno.
Piccola appendice: potete anche friggere con lo strutto (se riuscite a
trovarlo) o con il burro, ma quest'ultimo dovete prima chiarificarlo
(procedimento lunghetto e noiosetto), in modo da eliminare la caseina e
l'acqua. Personalmente non lo faccio, primo perché non mi va di mortificare il
burro per il solo gusto di trovare un'alternativa all'olio, secondo perché lo
strutto è un retaggio del passato, quando costituiva una alternativa economica
all'olio e ad oggi non trovo un solo motivo per tornare ad usarlo (se non quello
di darsi un po' di aria da snob).
Terza regola: benché, ne sono sicuro, in ognuno di noi alberga la
convinzione di saper misurare ogni cosa con un semplice sguardo - "ma come stai bene ! Sei dimagrita !
Peserai si e no 50 chili! Veramente ne faccio 120"; "dai, non fa così caldo, saranno al
massimo 25°. Veramente il termometro dice 40"; "di che segno sei ? Ariete ? L'avrei detto. Veramente era una
burla, sono dei pesci. Ah, ma guarda che l'avevo capito, sei proprio un pesce.
Veramente era un'altra burla, sono dei gemelli" - vi consiglio
caldamente di acquistare l'apposito termometro, che vi portate a casa con una
quindicina di euro e che vi permette di evitare, quasi fosse una prova di
iniziazione, di misurare l'olio immergendoci il dito e poi, dopo aver mormorato
a denti stretti "ancora un
minutino", fuggire nel bagno per ululare come Fantozzi (se proprio
volete farlo, allora almeno pastellatevi il dito prima di immergerlo, così se
non altro, avrete un antipasto in più)
Quarta regola: la lacrima d’olio andrà bene condire l’erba (per
capirci, quella che qualcuno chiama insalata), ma mal si addice alla frittura,
che vuole una quantità d’olio sufficiente ad ricoprire ciò che viene fritto e,
per gli alimenti che galleggiano, una quantità sufficiente a ricoprirli per
metà, in modo che una sola girata riuscite a friggerli in modo uniforme.
Quinta regola: mai avere fretta e friggere poco alla volta. Se
avete una vasca piccina piccina e vi preparate un bagno caldo, magari senza
neanche riempire la vasca, dopo poco che vi siete immersi avrete già freddo. Il
motivo è che, ovviamente, un corpo freddo, immerso in un liquido caldo, tenderà
ad equilibrare la temperatura complessiva del sistema corpo-liquido (qui si
potrebbe aprire una interessante analisi su quelli che d’estate, con 40° di
temperatura all’esterno, aprono le finestre di casa per “rinfrescare”, nella
pia illusione che sia il fresco della casa a raffreddare il globo terracqueo e
non il viceversa).
In altre parole, quindi, se figgete troppe cose insieme, la loro
temperatura tenderà ad abbassare quella dell’olio, vanificando tutta
l’accortezza e la precisione che avrete messo nel portarlo alla giusta
temperatura.
Sesta regola: a meno che non vogliate dar vita ad una
manifestazione di fuochi pirotecnici nella vostra cucina, asciugate sempre per
bene gli alimenti prima di friggerli, soprattutto se lo fate senza panatura o
pastella. Se non lo fate, la reazione dell'acqua a contatto con l'olio bollente
sarà per voi un ricordo indelebile, che vi accompagnerà lungo il restante
cammino e, se proprio avete culo, diventerà una nemesi per i vostri
discendenti.
Settima regola: pastellare solo al momento di friggere, soprattutto
quando la frittura è con panatura di farina. Se avete fretta e non controllate
la vostra ansia, correte il rischio di rovinare il tutto, per il semplice fatto
che lasciate il tempo a ciò che friggerete di trasferire la propria umidità
all'impanatura. Questo è particolarmente vero per le panature a base di sola
farina, che ha un forte potere assorbente e che, se lo lasciate a contatto con
una verdura, tanto per fare un esempio, ve la ritroverete completamente umida
dopo pochi minuti, con risultati che non voglio nemmeno pensare quando
immergerete il tutto nell'olio bollente.
Ottava regola: la pastellatura e l'impanatura sono un vestito
leggero e non una pesante corazza e il loro scopo è creare quella leggera
barriera croccante, che si frappone fra le vostre papille gustative ed i sapori
che vi attendono al di la di essa.
Dovreste aver capito cosa intendo, se avete mai avuto la malaugurata idea
di prendere un fiore di zucca fritto in una di quelle pizzerie che sembrano
oramai essere, almeno per i fritti, una sorta di punti in franchising di una non meglio identificata "rinomata ditta di produzione di involucri di fritti",
tanta è la pastella intorno, che per scoprire cosa ci sia dentro sembra sia più
adatta una trivella oceanica piuttosto che coltello e forchetta.
Nona regola: disporre gli alimenti fritti su un piatto, senza cedere
alla tentazione di creare modelli tridimensionali accatastando le cose fritte
in forme che sfidino i principi elementari della fisica. Se lo fate, i fritti
che sono sotto agli altri saranno rovinati dall'umidità generata dal calore
residuo, che non potrà sfuggir via proprio per effetto della vostra vena
architettonica.
Decima regola: salare gli alimenti fritti all'ultimo momento,
proprio mentre li state portando in tavola. Se lo fate con troppo anticipo, o
addirittura prima di friggerli, rischiate di pregiudicare la croccantezza del
tutto.
Bene, dopo tutto 'sto
sproloquio, del quale spero abbiate apprezzato il numero dieci, che riporta le
regole della frittura, o meglio il loro non rispetto, a ben più note e famose
decine, credo siate pronti per appuntarvi sul petto, fieri e vanagloriosi, la
coccarda di "Mastro friggitore",
titolo forse oramai desueto, ma che ancora gode di un certo fascino.