Rieccomi con una variazione di un classico della cucina
romana, anzi, per meglio dire, con un’unione con variazione, visto che il
piatto è una sorta di via di mezzo tra, appunto, il “cacio e pepe” e la
“gricia”, altro piatto della tradizione romana, che, per chi non lo conoscesse,
può essere visto come un’amatriciana in bianco.
La variazione è l’uso della trippa, ingrediente difficile per molti, temo più per
ragioni emotive che altro, e che ho cotto nel brodo per un paio d’ore e poi
saltato in padella, esattamente come si farebbe con il guanciale della gricia.
Nel settore profumi,
visto che c’è la trippa, un po’ di mentuccia, erbetta d’obbligo quando si
cucina la trippa alla romana.
Anche questa volta, se non altro per smaltire il mega
ordine fatto a Natale, ho usato la pasta di Setaro, uno dei pastifici storici di Torre
Annunziata, una pasta costosetta ma di qualità eccelsa.
Ingredienti (per 6 persone)
- Mezzo chilo di bucatini
- Tre etti di trippa già bollita (vedi dopo)
- Sei cucchiai di pecorino romano grattugiato
- Un cucchiaio di foglioline di mentuccia
- Un bicchiere di vino bianco (buono)
- Brodo vegetale (con carote, sedano, finocchio, pomodori, cipolla, patata, ...)
- Olio extravergine di oliva
- Sale e pepe
Per prima cosa preparate il brodo vegetale, che per
questa ricetta consiglio di fare voi, piuttosto che usare il dado, per cui
mettete tutte le verdure, pulite e lavate, in un pentolone, riempite poi con
acqua fredda, salate e portate sul fuoco, facendo cuocere, da quando l'acqua
prende il bollore, un paio d'ore, togliendo poi le verdure e, se vi sembra il
caso, filtrando il tutto, in modo da eliminare ogni residuo solido.
Mi raccomando, salate il brodo solo leggermente, dato che
gli altri ingredienti hanno comunque una loro sapidità naturale.
Per la trippa, poi, vi suggerisco di evitare rigurgiti di
tradizione smodata, comprando quella già lessata, che si trova ovunque e vi
evita una lunga cottura, con annessi afrori diffusi in tutto il condominio e
che vi garantiranno una sicura interpellanza alla successiva assemblea.
Bene, esaurite le premesse, e tanto che il brodo va,
tagliate la trippa a pezzetti, di dimensione paragonabile a quella che usereste
per il guanciale nel caso doveste preparare un gricia tradizionale.
Cercate di prendere, della trippa, solamente la parte che
costituisce l’involucro dello stomaco (la trippa, per chi non lo sapesse, è
costituita dalle diversi parti dello stomaco del bovino), eliminando, o quantomeno
riducendo al minimo, i villi che ad esso sono attaccati. Questa operazione è
più che altro estetica, per avere pezzi che, nella forma, ricordino quelli del
guanciale.
Prendete poi una padella, che possa contenere agevolmente
la trippa, senza che questa stia troppo ammassata, metteteci sette o otto
cucchiai di olio extravergine e portatela sul fuoco.
Quando l’olio è caldo, unite la trippa, fatela rosolare
per un minuto, poi unite il vino bianco e fatelo evaporare a fiamma vivace.
Salate leggermente la trippa, quindi unite qualche
mestolo di brodo, in modo che la trippa ne sia ricoperta, abbassate la fiamma
al minimo possibile, coprite con il coperchio e fate cuocere per un paio d’ore
- meglio di più che di meno - controllando ogni tanto e aggiungendo altro
brodo quando serve, in modo che la trippa cuocia sempre ricoperta dal liquido.
Trascorse le due ore, togliete il coperchio, alzate la
fiamma e fate evaporare quasi completamente il brodo, in modo da ottenere un
fondo di cottura bello denso e saporito.
Spegnete e travasate la trippa e il suo fondo in una
padella più ampia, che userete poi per mantecare la pasta.
Mettete in un’ampia pentola l'acqua per la pasta - se vi
va, ripassate prima la teoria - salatela, portatela sul fuoco e, quando bolle, buttate la
pasta, facendola cuocere e mantenendola al dente.
Tanto che la pasta cuoce, grattugiate il pecorino,
raccoglietelo in una ciotola ed aggiungete una generosissima macinata di pepe
nero, esattamente come si fa per la preparazione del cacio e pepe.
Tritate anche le fogliolina di mentuccia e tenetele da
parte, a portata di mano,
Quando mancano pochi minuti alla fine della cottura,
prendete una tazza piuttosto grande e riempitela con l’acqua di cottura, ricca
di amido, che vi servirà per la mantecatura finale, operazione fondamentale per
la perfetta riuscita del cacio e pepe, dove il condimento è appunto ottenuto
grazie alla combinazione dell’acqua di cottura, ricca di amido, e del pecorino,
che sciogliendosi in essa produce una sorta di crema.
Quando la pasta è cotta, scolatela, lasciandola umida, e
travasatela nella padella dove l’aspetta la trippa e date una prima mescolata.
Riportate la padella sul fuoco, alzate la fiamma, aggiungete
il pecorino con il pepe e mescolate, aggiungendo allo stesso tempo, in modo
graduale, l’acqua di cottura, così da sciogliere il pecorino e procedere con la
mantecatura.
Non esiste una regola aurea per la quantità di acqua,
piuttosto dovrete sapervi regolare ad occhio, ricordando che è fondamentale
ottenere un giusta cremosità, né troppo densa né troppo liquida.
Quando la mantecatura è completata, spegnente il fuoco, aggiungete
le foglioline tritate di mentuccia e date un’ultima mescolata, in modo da
permettere alla mentuccia di rilasciare i suoi profumi.
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