Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: il
titolo non è un richiamo al film di Ettore Scola ma, molto più modestamente, la
celebrazione di una splendida serata all'insegna della gastronomia, anzi
dell'alta gastronomia, quella con la G maiuscola; di mente e di cuore, dove il
piacere di assaggiare è pari a quello dello "stare", dove la
convivialità è parte integrante del cibo, dove essere e apparire si fondono in
una perfetta esperienza olistica.
Già vi siete persi nei labirinti semantici ?
Siate sereni, mi sono perso anch'io...
Comunque, tornando a bomba, sto parlando della
meravigliosa serata in quel di Acquolina, coccolati e foraggiati dal mitico duo Terrinoni-Troiani, che
personalmente farei assurgere all'Olimpo della gastronomia, in quello che ha
rappresentato una sorta di punto di svolta del ristorante, che passa attraverso
un modo nuovo di concepire il menù, assemblato giorno per giorno, secondo
stagione e disponibilità, e dove l'assemblaggio è in parte reso disponibili
agli ospiti, che possono scegliere nei piatti e nelle porzioni.
Non sto ad annoiarvi sulla curiosa quanto
benedetta congiunzione astrale che mi ha portato, qualche mese fa, a conoscere per
la prima volta gli Chef Giulio Terrinoni e Angelo Troiani, più tutto il
fantastico equipaggio di Coquis, l’Ateneo della Cucina in quel di Roma, a partire dalle
simpaticissime quanto affascinanti Ilaria Ruffini e Isabelle Renoirte.
D'altra parte la nostra vita è scandita da
prime volte. Non si discute.
C’è il primo rimprovero, il primo bacio, la
prima ... (vabbè, mi avete capito), il primo grande amore, il primo lavoro,
..., poi ci sono le cose serie, come la prima partecipazione ad una gara di
cucina, della quale narrai in questo post, la prima partecipazione alla giuria di una gara di cucina, sempre organizzata da Coquis e, ed è di questo che oggi si parla, della prima volta che fui
invitato al tavolo della stampa ad un evento gastronomico.
Tutto ebbe inizio un giorno, uno dei tanti,
quando aprendo la mail trovai, nascosta tra proposte di allungare il mio
secondo organo preferito, tanto da doverlo misurare in parsec (se pensate che il mio primo organo preferito sia, come per
Woddy Allen, il cervello, vi sbagliate, e di grosso; la risposta giusta è
infatti: lo stomaco); proposte per guadagnare migliaia di euro al giorno stando
a casa, senza fare un cazzo; offerte imperdibili per acquistare qualche
tonnellata di Viagra e Cialis a prezzi di realizzo, quando io, al massimo, potrei
essere interessato ad un paio di fusti di Citrato Brioschi, trovai (vi siete
persi ? Avete ragione, ma mi sto ricollegando ad un bel po’ di virgole precedenti)
una mail di Coquis che mi
invitava a partecipare all'evento "Acquolina si fa in due".
E, badate bene, non è che mi invitava e basta,
ma mi offriva di sedere al tavolo dello sposo, insieme a chi del giornalismo e
della gastronomia fa un mestiere serio. Sul momento, lo confesso, mi sono sentito
come Giuda nell'ultima cena, traditore tra i discepoli.
Il momento, ovviamente, durò qualche nano
secondo e lasciò subito posto ad una felicità incontrollata e incontrollabile.
Vidi la luce e, come Santa Teresa D’Avila e la sua estasi, capii e ne fui
fiero.
Naturalmente, dimenticando immediatamente il
detto "il gentiluomo gode e
tace", cominciai a bullarmene con colleghi e amici, dissimulando
l'entusiasmo con una sorta di nonchalance
ma, immagino, anche con un linguaggio del corpo, a partire dal classico sorriso
ebete, che invece tradiva perfettamente le mie vere emozioni.
Bene, cominciai quindi a contare i giorni,
tappezzando il muro della mia camera con i segnetti tipici dei carcerati che
attendono il fine pena; a pensare, come un ragazzo/a al primo appuntamento, a
cosa mi sarei dovuto mettere: elegante; elegante ma sportivo; sportivo ma
elegante; sportivo e basta; stile come-stavo-pe'-casa-so'-uscito,
insomma, sotto gli sguardi disperati e rassegnati della mia famiglia, pensavo e
aprivo l'armadio; aprivo l'armadio e pensavo.
Venne il gran giorno e, a chi me lo chiedeva,
rispondevo con frasi del tipo "Ah, è
stasera ? Ma dai, me n'ero quasi dimenticato...", quando invece avevo
scolpito la data su pietra da mesi, bloccando in agenda il giorno prima e
quello dopo, manco dovessi ricoverarmi per un quadruplo by-pass coronarico.
Saluto la famiglia - passo al presente, non so
bene perché, ma ci passo - baldanzosamente (figura retorica) salgo sul mio
scooter e mi avventuro nell'emozione...
Arrivo, parcheggio - oddio, come al solito
sono il primo! - prendo tempo guardando il telefonino, che ovviamente non
squilla né emette segnale alcuno, poi, fingendo quasi disinteresse, quando in
realtà mi sento come quando 18 anni fa entrai in chiesa, comincio a salire le
scale del mitico Acquolina, con
una lentezza simile a quella del Pontefice quando sale la Scala Santa.
Terminata l'ascesa, che a me costa sempre una
certa fatica causa la non certo esile corporatura, saluto Ilaria e faccio la
conoscenza della simpaticissima Eleonora Baldwin, creatrice di Aglio, Olio e Peperoncino, editor di Cibando e molto altro, che poi sarà anche
la mia vicina di gomito quando ci siederemo a tavola.
Mi fermo un attimo e vi anticipo che, pur
avendo conosciuto altre meravigliose persone nel corso della serata, non ne ricordo
il nome. O meglio, il loro nome l'avevo già dimenticato dopo il primo bicchiere
di vino; dopo il secondo avevo dimenticato il mio; dopo il terzo non ricordavo
cosa ci facessi lì; dopo il quarto sbiascicavo; dopo il quinto, beh, chiedetelo
agli altri.
Torno indietro nel tempo e mi ritrovo
all'ingresso con Ilaria ed Eleonora e riprendo la narrazione.
Ci sediamo al tavolo dei giornalisti, dove mi
sento come quel tipo che agita la manina dietro a tutti i giornalisti
televisivi - un intruso - e la serata più bella della mia vita ha
definitivamente inizio.
Ovviamente il primo atto, come ai matrimoni, è
la lettura del menu, creato come risultato di un sondaggio preventivo, dove
ognuno degli invitati poteva esprimere le proprie preferenze tra, mi sembra,
tredici scelte possibili.
Fortunatamente arriva
al tavolo il fantastico duo, che ci illustra la serata con l'usuale simpatia di
cui sono capaci Giulio e Angelo.
Ascolto con attenzione, o almeno con quella
che l'assunzione di un paio di bicchieri di vino rende possibile e poi - evviva
- si parte !
Intanto il pane, f-a-v-o-l-o-s-o, caldo e
fatto in casa, costantemente rifornito dal bravissimo Staff del ristorante altrettanto costantemente svuotato da noi
commensali- Praticamente una gara fra noi e loro, dove alla faccia di Monsignor
Della Casa e di Lina Sotis, l'arte della scarpetta è stata ampiamente praticata
da tutti.
La prima portata, di benvenuto e che
ovviamente mi sono scordato di fotografare - maledetta voracità - sono un mini
arancino con cozze e salsa all'arancia e un mini croissant con alice marinata, lattuga e un velo di maionese, sul
quale ero scettico - non amo particolarmente la maionese - ma che invece mi ha
sorpreso, per il bel contrasto della salsa con l'acidulo dell'alice.
Si prosegue con un "Freddo di cipolla rossa con ostriche e crostini di pane al
gorgonzola", servito in bicchiere da cocktail e gustoso assai, con
forse il solo piccolo e personale appunto di un minimo sbilanciamento nelle
quantità, dove quella del freddo di cipolla era forse in leggero eccesso
rispetto all'ostrica.
Ad accompagnare il piatto, un eccellente Champagne Brut "Jean Velut Montguex",
le cui caratteristiche ci sono state perfettamente illustrate - come poi lo
saranno quelle dei vini che seguiranno - dal bravissimo Sommelier del locale, e
delle quali, ovviamente, non ricordo nulla, tanto ero impegnato a mangiare e
bere, peraltro con un tasso alcolemico che immagino fosse già a livello di
primato stagionale.
Dopo il freddo di cipolla, il piatto che più
ho apprezzato, la "Zuppa di mare
nudo e crudo". Un miracolo di sapori ed equilibrio, dove ad ogni
boccone il mare ti esplodeva in bocca, lettini e ombrelloni inclusi. Un
capolavoro assoluto.
Con la zuppa ci viene servito un Nosiola
2011 di Pojer e Sandri.
Sempre più in estasi, si prosegue con un "Maccarello bruciato, pomodoro, burrata
e daikon", piatto anch'esso notevole, dove però, ad un pesce
strepitoso, nella sua crosta croccante di caramello al balsamico, si associa un
pomodoro Casalino forse leggermente in eccesso come quantità, che crea una
sorta di separazione con il pesce.
Lo so, può sembrare una critica, ma sto
parlando - rimarco la soggettività del giudizio - di una piccola pennellata
fuori posto in una tela di Caravaggio, che non intacca di certo il capolavoro
complessivo.
Cambio di piatto e anche cambio di vino, con
uno spettacolare Verdicchio dei Castelli di Jesi, il Capovolto 2011 di La Marca di San Michele, un vino biodinamico assolutamente favoloso. Alla
ferale notizia di una produzione annua di sole 3.500 bottiglie, ammetto di aver
avuto un mancamento.
Lasciatemi dire che, da questo punto in poi,
il ricordo di quale vino ho bevuto con quale piatto si fa labile. Di certo ho
bevuto.
Si prosegue con le "Mazzancolle spadellate, spuma di patate, croccante alle olive, e sale
di Maldon alla liquerizia" (un ringraziamento alla rete, che non solo
mi ha fatto scoprire l'esistenza di Maldon, piccola cittadina nella Contea
dell'Essex, ma anche che in quel di Maldon si dilettano nel produrre il sale),
molto buono, anzi eccellente, ma forse senza quel guizzo che ti sorprende e che
ti permette di gridare al miracolo.
Altro giro, altro regalo e si va avanti con la
splendida "Torta di baccalà e
patate, con bagna cauda al tartufo", un miracolo di equilibrio di
sapori e profumi, con la geniale aggiunta del tartufo alla bagna cauda,
prontamente fatta sparire, come tutto il piatto del resto, con sapienti colpi
di forchetta e di pane.
Purtroppo nella foto manca il croccante, dato
che la voracità è stata più veloce della fotocamera.
Non ricordo se qui, prima o dopo, avviene
anche il cambio di vino, passando ad un "Chardonnay Kreuth 2009 delle Cantine di Terlano". Buono, ma dopo il Capovolto
2011 ogni confronto è difficile.
Oramai completamente avvolto dalla
meravigliosa atmosfera della serata, dalle chiacchiere su argomenti dei quali
non ricordo nulla, dall'invidia crescente nel sentire racconti di persone che,
per lavoro, vivono nel mondo della gastronomia, mi concentro sulla portata
successiva, lo "Spaghetto W alle
vongole", per certi versi un classico, ma reinterpretato con una salsa,
credo a base di alghe (maledetto vino), e vongole veraci e jumbo, appena scottate
e passate nell'abbattitore, con il risultato di trasmettere in bocca il sapore
del mare come mai avevo sentito.
Un piatto notevole, con una cottura perfetta
degli spaghetti, ben al dente come da scuola napoletana, e con uno sviluppo in
crescendo, che ti getta nello sconforto quando ti accorgi di essere arrivato
all'ultima forchettata.
Si prosegue con un "Sandwich di triglia con vignarola", assolutamente
geniale, dove la triglia è avvolta in un pane alla mozzarella, croccante e
gustoso e la classica vignarola, piatto tipico laziale, raggiunge vette impensabili.
Ulteriore tocco di genio, un pâté di
fegato di triglia spalmato sul pane alla mozzarella.
Ci siamo, anzi no, perché la distribuzione del
dessert viene improvvisamente
interrotta da un repentino, quando benedetto, ripensamento di Giulio Terrinoni,
che decide di aggiungere al fantastico menu la sua classica "Carbonara di mare", un piatto
che si ispira alla tradizione romana, ma secondo una lettura marina, dove
l'uovo di gallina è sostituito da quello dei pesci e il guanciale dalla
bottarga.
Piatto memorabile, alla faccia di chi si
ostina a considerare la "tradizione" come un qualcosa di sacro e
intoccabile. Foto un po' meno memorabile, dato che, ancora una volta, la forchetta si è mossa più velocemente della fotocamera.
Questa volta ci siamo, arriva il dessert, una bellissima composizione di
mini dolci - crème caramel,
crostatina di frutta, tartufo al cioccolato, cannolo e croccante di zucchero e
nocciole - dove al mini della
dimensione si contrappone il maxi del
gusto.
Sarebbe finita qui, se non fosse per il
bellissimo dopo cena, con Giulio e Angelo che ci raggiungo al tavolo e, tra
continui riempimenti di bicchiere, ci raccontano aneddoti e storie, che per me,
assolutamente non del settore, sono come le fiabe raccontate dalla mamma prima
di addormentarsi, cosa che peraltro rischio di fare, vista l'ora e le dosi
industriali di cibo e vino che ho ingurgitato.
I can tell you have put a lot of work into it. Keep it up!
RispondiEliminaLeadership Courses Online in Mooresville