Tutto è nato dall'aver trovato le giuggiole sul banco del
supermercato - prima volta in vita mia - che ovviamente non mi sono lasciato
sfuggire, lasciando che il successivo passeggiare tra i banchi mi facesse
venire l'ispirazione su cosa farci.
La folgorazione, più che sulla via di Damasco, è arrivata
sulla via del pesce, dove ho trovato dei tranci di cernia - ok, una mega-cernia
di provenienza non italiana - che ho prontamente preso, con l'idea di farci,
tanto per cambiare, una tartare.
Ad accompagnare la tartare,
come sua parte integrante, il riso venere, prima lessato e poi saltato in
padella con zenzero e scorza di limone, usati poi anche per condire la tartare, in modo da avere una continuità
negli aromi.
Se non trovate i tranci di cernia, potete usare i
filetti, che oramai si trovano ovunque o, se siete amici del pescivendolo,
farvi sfilettare da lui una cernia. Nella peggiore delle ipotesi, sfilettate
voi seguendo le istruzioni che vi darò più avanti.
Ingredienti (per 4 persone)
- Un etto e mezzo di polpa di cernia
- Quattro cucchiai di riso venere
- Quattro giuggiole
- Un pezzetto di radice di zenzero
- La scorza di un limone
- Olio extravergine di oliva
- Sale integrale
- Pepe bianco
Partite senza dubbio con la cottura del riso - il riso
venere ha tempi di cottura molti lunghi, a meno di non prendere quello precotto
- prendendo una pentola, mettendoci abbondante acqua, leggermente salata, e
portandola a bollore.
Quando l'acqua bolle, buttate il riso venere, facendolo
cuocere fino a quando non sarà cotto, cosa che richiederà quasi un'ora,
ricordando comunque che il riso venere rimane comunque sempre bello duretto,
caratteristica che ben si adatta alla morbidezza della tartare.
Tanto che il riso cuoce, e nel caso aveste optato per
prendere una cernia intera, procedete con la sua sfilettatura, facendo un
taglio con un coltello ben affilato alla base della testa, trasversalmente alla
lunghezza del pesce, poi ruotando la lama, in modo che questa sia contatto con
la lisca centrale, e tagliando per tutta la lunghezza, mantenendo il coltello
ben a contatto con la lisca centrale, fino ad uscire dalla coda.
Se preferite, naturalmente, potete partire dalla coda e,
operando nello stesso identico modo, tagliare fino ad arrivare alla testa.
Tagliate in due ogni filetto, secondo la sua lunghezza e
facendo due tagli, uno a destra e uno a sinistra, della sua parte centrale,
dove sono le lische residue. In questo modo non dovrete perdere tempo ad
eliminare le lische una a una.
Infine rifilate i filetti, rimuovendo la parte di pelle
sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che
al gusto.
Ripetete per l'altro lato del pesce, et voilà, più facile a farsi che a dirsi.
Mettete infine i filetti su un tagliere, con la pelle
rivolta verso il basso - per la cronaca, se sfilettate voi, allora chiedete al
pescivendolo di non squamare il pesce, in modo che la pelle rimanga più rigida
- e usando sempre un coltello affilato, separate la pelle dalla polpa, facendo
un taglio del tutto analogo al prima, questa volta con la lama a contatto della
pelle.
A questo punto, e ovviamente anche nel caso abbiate
scelto i tranci o i filetti già pronti, non dovrete fare altro che ricavare
dalla polpa dei dadini piuttosto piccoli - qui molto dipende anche da come a
voi piace la tartare - che
raccoglierete in una ciotola.
Sbucciate poi le giuggiole, eliminando il nocciolo
centrale, e tagliate anch'esse in dadini, della stessa forma e dimensione di
quelli di cernia.
Unite i dadini di giuggiole nella ciotola, aggiungendo
poi la scorza di mezzo limone e un pezzetto di radice di zenzero, entrambe
grattugiate piuttosto finemente, cosa che farete con una grattugia adatta, come
ad esempio quelle delle Microplane,
che oramai sono di moda anche in Italia.
Ungete con tre o quattro cucchiai di olio extravergine,
date una prima mescolata, poi salate - aggiungere il sale dopo l'olio fa si che
questo non entri in contatto diretto con cernia e giuggiole, riducendo
l'effetto cottura che il sale produce - e date una leggera macinata di pepe
bianco.
Date un'altra mescolata, poi mettete da parte la tartare, tornate al riso venere e,
quando è cotto, scolatelo e passatelo in acqua fredda, facendolo poi scolare
per benino.
Nel frattempo prendete una padella, meglio se
anti-aderente, ungetela con quattro cucchiai di olio extravergine e aggiungete
la scorza del rimanente mezzo limone e un alto poco di radice di zenzero,
sempre grattugiate come detto in precedenza.
Portate la padella sul fuoco, a fiamma media, e quando
limone e zenzero cominciano a sfrigolare, unite il riso e fatelo saltare per un
paio di minuti, alzando la fiamma al massimo, poi spegnete e fatelo freddare.
Bene, ci siamo e non resta che impiattare, cosa che
farete aiutandovi con un stampo circolare o con un coppapasta, poggiandolo sui
piatti e facendo un primo strato di riso venere, che presserete per benino, e
poi un altro, di eguale altezza, con la tartare,
pressando anch'esso, senza esagerare ovviamente.
Togliete con delicatezza lo stampo, guarnite come più vi
piace e portate in tavola.
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