...ovvero, come un libro è in grado di
annullare il tempo durante un viaggio in treno tra Roma e Milano.
Quasi come un segno del destino, la copia del
libro mi arrivò la sera prima di un mio viaggio di lavoro a Milano, a riprova
del fatto che, benché sovente beffardo, il destino sa anche essere benevolo.
La sera prima avevo avuto al fortuna di
assistere alla presentazione del libro dello Chef Giulio Terrinoni, mio nume gastronomico, presso Coquis -Ateneno Italiano della Cucina, che per chi ancora non lo sapesse - e qui mi lancio con piena
consapevolezza in una argomentazione ab
absurdo - è un luogo di celebrazione e di insegnamento dell’arte
gastronomica.
Durante la presentazione, da me vissuta come un
adolescente che va al primo concerto del suo cantante preferito (no, non
temete, la biancheria intima l’ho tenuta al suo posto), avevo avuto il chiaro
sentore che avevamo a che fare con un libro diverso:
non la solita raccolta di ricette-che-ognuno-può-fare-ma-che-se-poi-le-fa-vengono-una-chiavica,
ma un Libro, con la “L” maiuscola, che racconta,
che narra, che fa sognare, che ci rende parte di un
percorso, quello di Giulio, che l’ha portato ad essere ciò che oggi è:
l’Executive Chef del Ristorante Acquolina, un posto stellato (nel
senso della Guida Michelin) dove non si va a mangiare, ma a vivere
un’esperienza gastronomica, un olismo che trascende il mero elenco delle
portate e ci dona invece un unicum
indivisibile, dove ogni singolo ingranaggio sta dove deve stare e dal quale si
esce in una sorta di nirvana gastronomico.
Comunque, tornando a bomba, dicevo che già la
presentazione lasciava presagire il trovarsi di fronte a qualcosa di nuovo,
qualcosa che però, lì e allora, non
avevo apprezzato appieno, complice anche un mega-calice di spumante che mi ero
trovato in mano alla fine della presentazione e che aveva prodotto in me
effetti paragonabili a quelli del tristemente noto Rohypnol: perché ero lì ? Come ci ero arrivato ? Chi
ero ? Dove andavo ? Da dove venivo ? Cosa
era successo ? Ero solo nell’universo ? Un governo stabile sarebbe mai stato
possibile ? Esiste una vita dove io sia un uomo magro ? Insomma, le mie già
scarse capacità cognitive volgevano al definitivo spegnimento.
Tornato a casa, con la simpatica prospettiva
di svegliarmi alle 5 del mattino per prendere il treno, lasciai il libro in
ingresso, ripromettendovi di leggermelo nelle tre ore di viaggio tra la Roma fancazzista e la Milano operosa (perdonatemi, ma ogni
tanto mi scappa un bisogno fisiologico di luoghi comuni).
Morfeo, bontà sua, mi accolse rapidamente
(credo anche con la complicità di Bacco) e la mattina dopo, al dolce suono
della sveglietta, con tutta la famiglia che beatamente dormiva, mi dedicai alle
abluzioni; indossai il completino da lavoro; bevvi il Nespresso di intensità un
milione, sperando nelle doti miracolose della caffeina; chiamai il Taxi; feci
le solite chiacchiere di prammatica con il tassista, con spregiudicate
affermazioni del tipo “certo che il
freddo è proprio arrivato”; “Roma a
quest’ora è bellissima”; “ma chi glielo fa fare di fare footing a
quest’ora”; arrivai alla stazione (“la
stazione Termini a quest’ora è bellissima”, pensai tra me e me, prendendo
chiaramente atto dell’inefficacia del caffè di intensità un milione); salii sul
treno; sistemai tutte le mie cosine; feci il cavaliere quel tanto che bastava: “Signora, lasci che l’aiuti, dia a me la
valigia”, salvo poi trattenermi a stento dal chiederle “è un lavoro interessante quello del rappresentante di pesi da sub ?”.
“Il treno Frecciarossa 9602 è in partenza. Gli accompagnatori sono
pregati di scendere dal treno”. Accompagnatori !? Alle 6 del mattino !? Cos’è , la sagra dell’ironia
provocatoria ?
Il treno si mosse e io, finalmente, aprii il
libro...
Qui la
sceneggiatura prevede il cambio di tempo verbale, dal passato remoto al
presente, per condividere con voi ciò che ho letto.
Prima cosa fondamentale: l’importanza del
riccio è un libro e non un ricettario - ma questo ve lo avevo già detto - un
libro che ci racconta la storia di Giulio Terrinoni, una storia fatta di
piccoli ma importanti momenti, dalla sua illuminazione sulla via, non di
Damasco, ma di Fiuggi; del suo abbandonare la scuola tradizionale per entrare
in quella alberghiera, inizialmente mosso da una sorta di voglia di pigrizia,
ma poi, appunto, rapidamente illuminato; dalle sue esperienze, prima nei grandi
alberghi e poi nei ristoranti, a partire da
quello di Antonio Ciminelli, passando per il Panda di Roma, per arrivare
infine, a coronamento del suo percorso, almeno di quello fatto fino ad oggi,
all’Acquolina, grazie anche all’incontro con Angelo Troiani, altro luminare
della ristorazione nonché celebrato e stellato Executive Chef del Ristorante Il Convivio e fondatore, insieme ai suoi fratelli, del
già citato Coquis.
E’ un libro che ci racconta piccoli spaccati
di vita, che consentono a Giulio di portarci a conoscere il suo modo di cucinare; il suo innamoramento per il pesce, che rispetta
anche nella scelta di una specie piuttosto che un’altra; la sua visione di menù, che privilegia ciò che si trova
giorno per giorno - il suo motto, o meglio quello che ha fatto suo dopo averlo
sentito da un pescatore di Anzio, è che “al
mare non si fa la spesa, al mare si pesca” - a dire che la vera cucina di
pesce è fatta sulla base di quello che si trova sui banchi, senza troppa pianificazione
e senza inseguire le mode del momento.
E’ un libro che ci rende partecipi della
volontà di Giulio di “portare la terra al
mare”, una sorta di inno sull’importanza di coniugare, nei piatti, due
realtà che solo apparentemente sono distanti.
E’ un libro che scorre veloce, con tre
bellissime prefazioni, a partire da quella di Arianna Saraceni, massima esperta
di ricci di mare, che raccoglie personalmente e distribuisce tra i pochi
fortunati, passando per quella di Antonio Ciminelli, che come già detto segna
il passaggio di Giulio dal mondo alberghiero a quello della ristorazione gourmet, finendo con quella di Giuliano
Capecelatro, anche lui scrittore.
E’ un libro con il quale Giulio ci porta per
mano lungo un percorso ideale, che ci racconta come si svolge la giornata di
uno Chef, dal rito della spesa, l’unica cosa che non ha mai delegato ad altri,
alla discussione con il suo team su cosa preparare con ciò che la spesa ha
portato; dalla sua concezione del ristorante,
inteso come ambiente che accoglie e di come l’ospite deve essere, appunto, accolto e servito.
E’ un libro dove le pagine si sfogliano con
estrema piacevolezza, dove la prosa è diretta, ma che proprio per questo comunica in modo perfetto ciò che Giulio
vuole condividere con il lettore. Una prosa assolutamente in linea con la sua
visione di cucina, di grande cucina. Una prosa che ti fa
sentire Giulio uno di noi, quasi a volerti far credere che ciò che ha fatto lui
lo possa fare chiunque.
E’ un libro dal quale traspare in modo
prorompente una voglia continua di ricerca e di studio, una apertura a tutti i
tipi di cucina, che per Giulio sono fonte di ispirazione e non di confronto, di
competizione. Una ricerca che è parte integrante e indissolubile della
concezione che Giulio ha di essere un
grande cuoco.
E’ un libro dove, alla fine, ci sono anche le
ricette, con buona pace di chi le reputa parte imprescindibile in qualsiasi
libro di cucina. Non so perché, ma ho quasi il dubbio che Giulio le abbia messe
perché, se non lo avesse fatto, qualcuno avrebbe potuto considerare il libro
incompleto. Ricette che, peraltro, sono quelle di alcuni piatti che Giulio
serve nel proprio ristorante, a dimostrazione di quanto in lui sia forte la
voglia di condividere, piuttosto che
di proteggere.
E’ un libro che ho divorato avidamente, ben
prima di arrivare a Milano e l’unica colpa che mi sento di attribuire a Giulio
è quella di non avermi dato tempo di recuperare il sonno interrotto sulle
comode poltrone del Frecciarossa.
Che dire, arrivato a Milano ho dovuto mio malgrado
riprendere contatto con la realtà, pensando tra me e me che se dovessi
descrivere a qualcuno il carattere di Giulio, che ho avuto la fortuna di
conoscere di persona, direi, rubando un termine a mio figlio, “sciallo”, termine al quale associo una
valenza assolutamente positiva, per indicare un carattere improntato
all’apertura, alla condivisione, alla trasparenza della passione, alla voglia
di comunicarla, senza quell’atteggiamento elitario che, ahimé, si trova spesso
altrove.
lo sto leggendo anche io e l'unica cosa che mi permetto di aggiungere (visto che condivido tutto il resto che hai già descritto molto bene) è che si legge con un grande sorriso, lo stesso che è stampato sul viso di Giulio in copertina!!!
RispondiEliminaHai proprio ragione, Daniela, si legge con un sorriso ed è un libro che trasmette allegria, proprio come Giulio. Ciao
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