Un ritorno all’anatra, ancora una volta cotta sotto vuoto
a bassa temperatura, ma rispetto alle ricette precedenti, questa
e quest’altra,
questa volta ho cambiato approccio, alzando al temperatura a 66° e riducendo il
tempo di cottura a soli trenta minuti.
Dopo la cottura sotto vuoto, una veloce rosolatura in
padella, per rendere croccante la pelle, con burro e miele, in modo da
aggiungere una nota di dolce alla carne.
Ad accompagnare l’anatra, un purè di carote gialle al
rafano - ho usato la radice, che ho miracolosamente trovato sul banco della
verdura, ma che voi potete sostituire con il rafano in pasta - e un tortino di
rape bianche, noci e pecorino romano.
Per quanto riguarda il tortino, del quale ne servirete
una piccola fetta, dovrete utilizzare una piccola teglia da dolci, di circa
dieci o dodici centimetri di diametro; se non l’avete, potete usare uno stampo
circolare o un coppapasta, di analogo diametro, che appoggerete su una teglia
anti-aderente.
Ingredienti (per 4 persone)
Per l'anatra
- Due petti d'anatra
- Due cucchiai di miele (vedi dopo)
- Due foglie di alloro
- Una decina di bacche di ginepro
- Un cucchiaio di burro (o burro chiarificato)
- Olio extravergine di oliva
- Sale e pepe
Per il purè di carote gialle
- Otto carote gialle, piuttosto grandi
- Un pezzetto di radice di rafano (vedi dopo)
- Un cucchiaino di grani di pepe nero
- Trenta grammi di burro
- 250 ml di panna fresca
- Sale
Per il tortino di rape
- Quattro rape bianche piuttosto grandi
- Trenta grammi di pecorino romano grattugiato
- Otto gherigli di noci (sedici metà se prendete quelle già sgusciate)
- Un rametto di timo fresco
- Due tuorli d’uovo
- Un cucchiaio di pangrattato
- Sale e pepe
Partite lessando - se avete l’attrezzatura per la cottura
a vapore, usatela - sia le carote gialle che le rape, in entrambi i casi
eliminando lo strato superficiale e tagliandole sommariamente in pezzi.
Fatele cuocere, ovviamente separatamente e salandole,
fino a quando non saranno ben morbide, poi scolatele e fatele asciugare per
benino, volendo mettendole in forno, sempre separatamente, a circa 60° di
temperatura e per una mezz’ora, in modo da far evaporare l’umidità residua, che
altrimenti rovinerebbe sia il purè che il tortino.
Quando le verdure si saranno asciugate, prendete due
ciotole e, usando il classico passapatate, raccoglieteci la polpa delle due
verdure, rape da una parte e carote dall’altra.
Anche se le avete fatte asciugare, è possibile che una
certa quantità d’acqua sia ancora presente, per cui, dopo aver messo le verdure
nel passapatate, cominciate ad esercitare un minimo di pressione, tenendo il
passapatate sopra al lavandino, in modo che l’acqua, per effetto della
pressione, possa fluire via.
Quando vedete che l’acqua comincia a ridursi, spostate il
passapatate sulla rispettiva ciotola e completate l’operazione.
Mettete la ciotola con le carote da parte e dedicatevi al
tortino, unendo alla polpa di rape i tuorli d’uovo e il pecorino, dando poi un
prima mescolata.
Prendete poi i gherigli di noce, metteteli sul tagliere e
riduceteli in pezzi più piccoli, anche se non così tanto da non poterne sentire
la consistenza al morso. Orientativamente, direi che ogni mezzo gheriglio lo
potete ridurre in otto/dieci pezzetti.
Unite le noci alle rape, regolando di sale, dando una
generosa macinata di pepe nero e, per ultimo, unendo le foglioline di timo,
mescolando nuovamente per armonizzare il tutto.
Prendete una piccola teglia da dolci - qui usarne una con
il bordo rimovibile è fondamentale - imburratela per benino e, sul fondo,
mettete un foglio di carta da forno tagliato a misura, che rimarrà in posizione
per effetto dalla collosità del burro.
In alternativa, come detto all’inizio, usate uno stampo
circolare o un coppapasta, imburrandolo all’interno e poggiandolo su una teglia
anti-aderente.
Fate colare l’impasto all’interno della teglia,
compattandolo per benino, poi sulla superficie distribuite ancora un poco di
pecorino e il pangrattato, in modo da avere uno strato sottile ma omogeneo.
Infornate per quaranta minuti a 180°, poi, se volete,
cinque minuti sotto al grill, in modo da dorare ulteriormente la superficie del
tortino.
Quando il tortino è pronto, toglietelo dal forno e fatelo
freddare prima di toglierlo dalla teglia, cosa che farete con molta
delicatezza, visto che la struttura interna del tortino è piuttosto delicata.
Fatto il tortino, dedicatevi al purè di carote gialle,
mettendo per prima cosa la panna liquida in un pentolino, insieme ai grani di
pepe nero, a un pizzico di sale e alla radice di rafano, che grattugerete
usando una grattugia adatta, regolandovi nella sua quantità in base al vostro
gusto, ricordando che il rafano ha un sapore molto pungente.
Portate il pentolino sul fuoco, a fiamma minima, facendo
raggiungere un bollore leggerissimo e continuando la cottura fino a quando la
panna non si sarà ridotta di circa un terzo, quindi spegnete e fate
intiepidire.
Tanto che la panna si intiepidisce, prendete il burro e
fatelo ammorbidire leggermente, senza però renderlo liquido, poi unitelo alla
polpa di carote e, usando un frusta, lavorate il tutto come se doveste montare
la panna, in modo da incorporare aria al purè.
Quando il tutto vi sembrerà ben amalgamato – cosa che
richiederà un paio di minuti di lavoro di avambraccio – unite gradualmente la
panna, facendola passare attraverso un colino a maglie fitte, in modo da
filtrarla e renderla ben fluida.
Aggiungete piccole quantità alla volta, sempre lavorando
con la frusta, fino ad ottenere la densità desiderata e, nel caso la panna non
vi bastasse, potete aggiungere un poco di latte.
Mettete il purè da parte, magari tenendolo in luogo
tiepido, e passata alla preparazione dell’anatra.
Per prima cosa, aiutandovi con un coltello ben affilato, rifilate
la pelle, eliminando quella parte che supera il bordo del petto, in modo che
questa rimanga solo da una lato del petto, senza ricadere sui lati.
Salate e pepate i petti in superficie, poi metteteli nel
sacchetto per il sottovuoto - suggerisco di usare due sacchetti, uno per ogni
petto - aggiungendo poi le bacche di ginepro leggermente schiacciate e le
foglie di alloro.
Fate infine il sottovuoto, seguendo le istruzioni della
vostra macchina. Mi raccomando, verificate che i sacchetti che usate siano
resistenti al calore e, quindi, adatti alla cottura.
Immergete il sacchetto e procedete con la cottura, che
come ho detto più sopra, io ho fatto a 66° per mezz’ora, quindi estraete il
sacchetto, apritelo e mettete i petti sul tagliere, eliminando alloro e bacche
di ginepro.
Prendete una padella, meglio se anti-aderente, metteteci
il burro (se avete quello chiarificato è meglio, dato che non tenderà a
bruciarsi) e il miele (io ho usato quello di castagno, dal sapore molto
intenso, che ritengo ben si abbini con l’anatra) poi portate la padella sul
fuoco, a fiamma media, e quando il burro si sarà sciolto, unite i petti
d’anatra, con la pelle a contatto del fondo della padella.
Fate andare i petti, senza girarli, per circa tre o
quattro minuti, comunque fino a quando la pelle non sarà diventata dorata e
croccante - vedrete che il burro, a meno che non sia quello chiarificato,
inevitabilmente si scurirà, cosa non grave, a patto che da scuro non diventi
bruciato - quindi girate i petti, in modo che anche l’altro lato possa bagnarsi
nel burro e nel miele, cosa che dovrà però avvenire giusto per una ventina di
secondi.
Spegnete il fuoco, spostate i petti sul tagliere e,
usando un coltello ben affilato, tagliateli a fette, di circa mezzo centimetro
di spessore, con un taglio leggermente inclinato rispetto ai petti stessi.
Bene, ci siamo e non resta che impiattare, distribuendo
il purè di carote gialle sui piatti e poi disponendo le fette di petto in parte
sopra di esso, completando poi con una fettina di tortino di rape.
Fate colare un cucchiaino del fondo di doratura dei petti
su questi ultimi, poi guarnite come meglio credete e portate rapidamente in
tavola.
Abbinamento consigliato dall’Enoteca Colordivino: l'occasione giusta per aprire una bottiglia di Teroldego Foradori IGT, prodotto da agricoltura biodinamica certificata.
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