I grandi classici non tramontano mai ed io mi adeguo,
proponendo una classica amatriciana, o meglio, una sorta di matrimonio tra
l’amatriciana e il cacio e pepe, altro classico della cucina laziale.
Un matrimonio il pepe e perché parte del pecorino,
anziché usarli come indicato dal disciplinare, li ho lavorati esattamente come
si fa, appunto per il cacio e pepe, aggiungendoli poi al momento
dell’impiattamento, quasi fossero un qualcosa a metà tra un elemento di
guarnizione e veri e propri ingredienti.
Ora, lo sapete, più un piatto è classico e più si sviluppano le discussioni su quale sia la ricetta
originale, risalendo nel passato fino
a tempi immemori, cosa che accede, appunto, per l’amatriciana, dove il già nome
apre un dibattito, visto che il piatto è nato in quel di Amatrice, i cui
abitanti si chiamano “matriciani”, anche se poi è entrato nel gergo comune
anche il termine “amatriciana”.
Lungi dal volere aggiungere l’ennesima voce al coro, già
sufficientemente affollato, mi limito a condividere con voi i punti fermi sui
quali sono, e sempre sarò, irremovibile:
- uso esclusivo del guanciale e messa la bando di pancetta, fresca o affumicata che sia, partendo sempre da un pezzo intero di guanciale, di ottima qualità, come ad esempio quello del Salumificio Sano di Amatrice;
- pecorino romano di ottima qualità, come quello di Brunelli, che ha un sapore decisamente meno pungente di quei pecorini romani, o presunti tali, che si trovano nei banchi dei supermercati;
- pomodori pelati, rigorosamente sfranti (termine romano, il cui significato è di facile intuizione) a mano, con l’eventuale eccezione, se è la stagione giusta, di pomodori San Marzano freschi, in parte passati e in parte, ancora una volta, sfranti a mano;
- a seconda del tipo di pomodoro, eventuale aggiunta di una punta di zucchero, a mitigare l’acidità propria, appunto, dei pomodori;
- giusto un pezzetto di peperoncino, per dare verve al piatto e messa la bando di cipolla, aglio, vino bianco e altre amenità varie;
- cottura del pomodoro breve a vivace, per non più di dieci minuti, giusto il tempo di far evaporare la componente acquosa;
- sugo abbondante, ad avvolgere la pasta con il suo sapore; dolce e deciso al tempo stesso.
Questi i punti fermi, mentre nello specifico della
ricetta, come già detto, la particolare lavorazione del pecorino e del pepe,
ridotti in una sorta di crema con l’aggiunta dell’acqua di cottura.
Per quanto riguarda la pasta, visto che anche su questo
tema si discute spesso, ho optato per un compromesso, tra gli spaghetti,
presenti nella formulazione originaria, e i bucatini, più usati nella versione
romana, decidendo di usare i mitici spaghettoni del Pastificio Cavalieri; un nome, una
certezza.
Ingredienti (per 6 persone)
- Sei etti di spaghettoni (questo tipo di pasta ha una resa minore)
- Due confezioni di pelati da 400 grammi
- Sei fette di guanciale (vedi dopo)
- Sei cucchiai rasi di pecorino romano grattugiato
- Un pezzetto di peperoncino
- Olio extravergine di oliva
- Sale e pepe
Bene, si parte, tagliando per prima cosa il guanciale a
fette dello spessore di poco superiore al mezzo centimetro, che poi taglierete
a listarelle, trasversalmente alla loro lunghezza, ricavandone dei
parallelepipedi di altezza e larghezza pari, appunto, a poco più di mezzo
centimetro e lunghezza pari all’altezza della fetta di guanciale dalla quale
siete partiti.
Prima di procedere con la cottura del guanciale, prendete
i pelati, versateli in una ciotola e, usando rigorosamente le mani, sfrangeteli, stringendoli nel pugno
della vostra mano, in modo da romperli in pezzi irregolari, chiaramente
distinguibili, ma ovviamente non troppo grandi. Alla fine vi dovreste quindi
ritrovare con una sorta di passata di pomodoro, con all’interno i pezzettoni residui di pelati.
Prendete poi una padella molto ampia, tale da poter
contenere anche la pasta per la mantecatura finale, e metteteci sei cucchiai di
olio extravergine, il peperoncino, nella quantità che a voi piace, e il
guanciale, separando per benino i singoli pezzi tra di loro.
Mettere il guanciale a olio freddo evita lo shock
termico, che invece si avrebbe aggiungendolo ad olio caldo e che lo potrebbe a
cuocersi in modo non omogeneo, con l’esterno bruciato e l’interno ancora poco
toccato dal calore.
Portate la padella sul fuoco, a fiamma media e fate
prendere calore al guanciale, girandolo spesso in modo che senta il calore in
modo uniforme, facendolo rosolare giusto il tempo a far diventare trasparente e
leggermente brunita la sua parte grassa.
Qui l’occhio è fondamentale, per far si che il guanciale
non risulti né crudo né troppo cotto, cosa quest’ultima assai pericolosa, visto
che il guanciale, se cotto eccessivamente, tende ad assumere un gusto amaro.
Quando il guanciale è cotto a puntino, unite i pelati,
alzate la fiamma al massimo, salate e pepate leggermente - ricordate che il
guanciale ha già una sua sapidità - e fate cuocere per non più di dieci minuti,
fino a quando la componente acquosa del pomodoro non sarà del tutto evaporata,
quindi spegnete al fiamma, eliminate il peperoncino e mettete da parte, con il
coperchio, leggermente sfasato rispetto alla padella, in modo che il vapore
possa uscire.
Se volete, come elemento di guarnizione, tagliate altre
fette di guanciale - una per ciascun commensale - questa volta molto
sottilmente, circa un millimetro di spessore, poggiandole poi su una teglia
anti-aderente.
Infornate, con il forno già caldo a 220°, per circa
cinque minuti, fino a quando le fette di guanciale non avranno rilasciato buona
parte del suo grasso, diventando dorate e croccanti, momento nel quale le
tirerete fuori dal forno, mettendole su di un piatto, sul quale avrete messo
qualche foglio di carta da cucina, che possa assorbire il grasso residuo.
Mettete ora l’acqua per la pasta sul fuoco, se volete
dando prima una ripassata alla teoria, e quando è a bollore buttate la pasta, cuocendola al dente.
Tanto che la pasta si cuoce, grattugiate finemente il
pecorino, mettendone una metà in una ciotolina, dove poi aggiungerete
abbondante pepe nero macinato, mentre terrete l’altra metà a portata di mano,
per la mantecatura finale.
Tornate alla pasta e, a pochi minuti alla fine della
cottura, prendete una tazza e prelevate un po' dell'acqua, ricca di amido, che
vi servirà per la mantecatura finale.
Prendete ancora un altro poco di acqua di cottura e
usatela per diluire, rendendolo cremoso, il pecorino con il pepe, esattamente
come si farebbe per la preparazione della pasta cacio e pepe, ottenendo una crema piuttosto fluida, che terrete poi
al caldo, per evitare che, freddandosi diventi troppo densa.
Quando la pasta è cotta, scolatela, lasciandola umida, e
travasatela nella padella dove l’aspetta il condimento.
Riportate la padella sul fuoco, alzate la fiamma al
massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo
gradualmente l'acqua di cottura messa da parte, senza comunque esagerare, visto
che già la presenza del pomodoro aiuterà in tal senso.
Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo
la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa
evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.
Spegnete, aggiungete la metà del pecorino rimasta da
parte, data un’altra bella mescolata e poi impiattate rapidamente, aggiungendo
qualche cucchiaio di crema di pecorino e pepe su ciascuna porzione e, se le
avete preparate, aggiungendo anche le fette di guanciale.
Fate colare un altro poco di crema di pecorino su ciascun
piatto, poi portate rapidamente in tavola.
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