30 aprile 2014

Le mie ricette - Tartare di manzo, formaggio di bufala e pistacchi, con crostino di pane all'olio



Non solo pesce, almeno ogni tanto, anche se quando uso la carne, al solito, mi viene naturale usarla a crudo.

Questa volta, quindi, una tartare di terra, con il filetto di manzo, un formaggio di bufala semi-fresco, preso nel punto vendita di Via Scirè del Caseificio "La Baronia",  e i pistacchi.

Ingredienti dosati con cura, in modo da rendere evidente l'ingrediente principale, il manzo, e dare il giusto ruolo agli altri.

Come per tutte le preparazioni a crudo, fondamentale è la freschezza e la qualità dei singoli ingredienti, a partire dalla carne, che vi suggerisco di prendere giusto qualche ora prima di quando la userete.

Condimento minimo, con olio extravergine di qualità, poco pepe bianco, sale integrale macinato al momento e qualche fiocco di sale, che rimanendo croccante crea un bel contrasto nella consistenza.

Ho poi servito la tartare su un crostino di pane, fatto con pane casareccio sciapo - ho usato quello di Terni, ben noto a Roma - saltato poi in padella con un poco di olio extravergine, in modo da farlo diventare bello croccante e gustoso.

Ingredienti (per 4 persone)
  1. 240 grammi di filetto di manzo
  2. 60 grammi di formaggio di bufala
  3. 40 grammi di pistacchi sgusciati e non salati
  4. Due fette di pane casareccio (vedi sopra)
  5. Olio extravergine di oliva
  6. Sale integrale
  7. Fiocchi di sale
  8. Pepe bianco

Piccola premessa sulla carne, che oltre ad essere di qualità e tagliata poco prima di usarla, vi dovete far lasciare intera dal vostro macellaio, resistendo alla tentazione di farvela macinare, cosa che lui, quando avrà saputo che ci volete fare una tartare, probabilmente vi chiederà. Vi assicuro, invece, che una tartare fatta con la carne tagliata al coltello è tutta un'altra cosa.

Per prima cosa dedicatevi ai crostini di pane, ricavando un paio di fette, di poco più di mezzo centimetro di spessore, dal pane casareccio e poi, usando uno stampo circolare, ricavatene quattro dischi dalla sola mollica.

Prendete un padellino anti-aderente, metteteci un paio di cucchiai di olio extravergine e portatelo sul fuoco, poi, quando l'olio è ben caldo, unite i dischi di pane, facendoli dorare da entrambi i lati, fino a quando non avranno assunto un bel colore dorato.

Quando girate i dischi, valutate se aggiungere un altro poco di olio, in modo che i due lati dei dischi ne siano egualmente bagnati.

Non appena il grado di doratura è quello desiderato, togliete i dischi di pane dalla padella e metteteli su un piatto, sul quale avrete messo un paio di fogli di carta da cucina, in modo che l'olio in eccesso possa essere assorbito.

Mettete i crostini di pane da parte e dedicatevi ai pistacchi, che metterete sul tagliere e ridurrete in pezzi non troppo piccoli e irregolari, usando la lama di un grosso coltello.

Poi il formaggio di bufala - prendetene un tipo piuttosto sodo, che possa essere tagliato al coltello - che ridurrete in piccoli dadini, non più di mezzo centimetro di lato.

Prendete infine la carne, eliminate con particolare cura tutti i residui di grasso, poi cominciate a tagliarla in piccoli pezzi, che ridurrete poi di dimensione, usando un coltello a lama grande e ben affilata, con il quale taglierete e batterete la carne.

La consistenza finale sceglietela voi, a seconda del vostro gusto, potendo andare da una sorta di battuto, con pezzi quindi molto piccoli, quasi una sorta di macinato, fino ad una consistenza maggiore, con la carne ridotta in piccoli dadini, ciascuno dei quali sia però chiaramente identificabile.

Riunite tutti gli ingredienti in una ciotola, data una prima mescolata, quindi unite un paio di cucchiai di olio extravergine, un poco di pepe bianco macinato poi un'altra mescolata, in modo che l'olio bagno uniformemente gli ingredienti.

Unite invece il sale - sia quello macinato che i fiocchi - solo poco prima di servire, in modo da ridurre il suo effetto disidratante.

Bene, quando siete pronti per servire, date per prima cosa una nuova mescolata alla tartare in modo da ridistribuire per bene il condimento, che nell'attesa potrebbe essersi raccolto sul fondo della ciotola.

Prendete poi i piatti e mettete su ognuno un disco di pane, poi aiutandovi con un altro stampino circolare, che abbia un diametro pari a quello dei dischi di pane, disponete la tartare sopra a questi ultimi, premendo per bene prima di togliere delicatamente lo stampino, in modo che la tartare rimanga in posizione, senza smontarsi.

Guarnite come più vi piace, poi date un leggerissimo giro di olio extravergine e, finalmente, portate in tavola.

Buon appetito. 

29 aprile 2014

Le mie ricette - Linguine con grongo, peperone rosso essiccato e mollica di pane al finocchietto, servite con crema di asparagi



Il grongo questo sconosciuto, potrei dire...

Non lo conoscevo, poi un giorno l'ho incontrato sui banchi del pesce e, più per curiosità che altro, ne ho preso alcuni tranci, con l'idea di provarlo come condimento di una pasta.

Il grongo è un pesce dalle carni bianche, simili per consistenza a quelle della coda di rospo, molto saporito. L'unico elemento negativo è che, pur essendo un pesce osseo, quindi con una cartilagine centrale, presenta anche numerose lische all'interno della carne, cosa che rende la sua pulizia più noiosa di quella di pesci di analoga struttura.

Tornato a casa ho rovistato nella dispensa, trovando un peperone rosso e un mazzo di asparagi, entrambi che mi supplicavano di essere usati prima di morire di vecchiaia, supplica alla quale non ho potuto resistere.

Il peperone rosso ho deciso di essiccarlo in forno - non del tutto, giusto il tempo necessario ad eliminarne buona parte dell'acqua interna, lasciandoli comunque abbastanza morbidi - mentre gli asparagi li ho ridotti in crema e usati come una sorta di base per la pasta, lasciando ai commensali la scelta di se e come unirli alla pasta.

Completa il tutto la mollica di pane, della quale recentemente mi sono innamorato, tostata in padella con pepe nero e finocchietto.

Concludo dicendo che, se non trovate il grongo, potete usare la ricciola o la coda di rospo, che direi sono più che degni sostituti.

Ingredienti (per 6 persone)

Per la pasta
  1. Mezzo chilo di linguine
  2. Mezzo chilo di grongo in tranci
  3. Un peperone rosso
  4. Quattro cucchiai di mollica di pane
  5. Qualche ciuffo di finocchietto, gambi inclusi
  6. Due spicchi d'aglio
  7. Olio extravergine d'oliva
  8. Sale e pepe bianco
Per la crema di asparagi
  1. Un mazzo di asparagi
  2. Olio extravergine di oliva
  3. Sale e pepe

Partite senza dubbio con il peperone, la cui preparazione richiederà almeno un'ora e mezza, pulendolo, eliminando il torsolo, i semi e le coste bianche interne e poi tagliandolo in piccoli dadini, di poco più di mezzo centimetro di lato

Disponete i dadini su una teglia, sulla quale avrete messo un foglio di carta da forno, poi salateli leggermente e infornateli a 90°, lasciandoli appassire per circa un'ora e mezza.

Mentre il peperone si crogiolano nel forno, dedicatevi alla passata di asparagi, lavandoli e tagliandoli in pezzi, a partire dalle punte, fino a fermarvi quando cominciate ad arrivare alla parte più dura del gambo.

Prendete una pentola, metteteci abbondante acqua, salandola il giusto, poi portatela sul fuoco e, quando raggiunge il bollore, tuffateci gli asparagi - se volete, tenetene da parte qualcuno, da usare poi come guarnizione - e fateli cuocere a fiamma vivacissima e senza coperchio fino a quando non saranno morbidi, senza però stracuocerli.

Mentre gli asparagi si cuociono, prendete una ciotola bella grande e riempitela con acqua freddissima, meglio ancora se aggiungerete anche del ghiaccio (volendo potete usare la vasca del lavandino, ovviamente pulita a specchio).

Quando gli asparagi sono cotti, prelevateli con un mestolo bucato e travasateli nell’acqua ghiacciata, in modo da, come si dice in gergo, fissarne la clorofilla, cosa che gli consentirà di mantenere un colore verde brillante.

Non appena saranno freddi, togliete gli asparagi dall’acqua ghiacciata e fateli scolare per benino, ricordandovi anche di non buttare la loro acqua di cottura, dato che vi servirà per regolare la densità della crema.

Mettete gli asparagi nel frullatore, aggiungete sei cucchiai d’olio extravergine, poi aggiungete anche mezzo mestolo scarso dell’acqua di cottura degli asparagi, avendo cura che questa sia al più tiepida, meglio ancora se fredda.

Fate andare il frullatore alla massima velocità per una prima sgrossatura, poi valutate se sia il caso di unire altra acqua di cottura, in modo da giungere ad una densità simile a quella di una vellutata.

Regolate di sale, date una macinata di pepe bianco e poi fate andare il frullatore abbastanza a lungo da ottenere una crema liscia e senza residui solidi, cosa che, considerando che gli asparagi sono un po' fibrosi, richiederà almeno un paio di minuti di frullatore alla massima velocità.

Se avete deciso di usare qualche asparago come guarnizione, allora cuoceteli in padella, solo con un filo d'olio extravergine, a fiamma bassa, senza coperchio e salandoli a metà cottura, in modo che si possano cuocere, rimanendo di un bel verde brillante. Anche in questo caso, non cuoceteli troppo ma, invece, lasciateli un po' duretti.

Mettete la crema e gli asparagi da parte e dedicatevi alla pulizia del pesce, al quale dovrete eliminare la pelle, le lische, che come vi dicevo nel grongo ci sono, ricavandone solo la polpa, che poi taglierete in cubetti di circa un paio di centimetri di lato.

Prima di procedere con la cottura del pesce, aspettate che i peperoni siano pronti, quindi toglieteli dal forno e fateli freddare e, visto che ci siete, mettete l’acqua per la pasta sul fuoco, se volete dando prima una ripassata alla teoria.

Prendete poi una padella, ampia abbastanza da poter contenere la pasta per la sua mantecatura finale, ungetela con abbondante olio extravergine - non meno di otto cucchiai - unite gli spicchi d'aglio, sbucciati e leggermente schiacciati, e i gambi del finocchietto.

Portate la padella sul fuoco, a fiamma media, in modo da scaldare l'olio, lasciando poi sfrigolare aglio e finocchietto per un paio di minuti, fino a quando l'aglio non sarà dorato, momento nel quale lo toglierete, togliendo anche i gambi del finocchietto.

Unite il grongo, date una macinata di pepe, regolate di sale, nel caso servisse, poi coprite con il coperchio e fate andare per una decina di minuti, girando ogni tanto con un cucchiaio di legno, facendo in modo che rimanga un buon fondo di cottura, che poi insaporirà la pasta quando la mantecherete.

Quando il pesce è pronto, spegnete la fiamma e tenete da parte, sempre con il coperchio in modo da non far evaporare il fondo residuo e asciugare il grongo.

Prendete la mollica di pane, possibilmente usando del pane raffermo, in modo che la mollica sia piuttosto secca, e mettetela nel mixer ad alta velocità (quello che si usa per macinare il caffè e la frutta secca) o, se non l’avete, nel mixer tradizionale o nel frullatore.

Fate andare alla massima velocità, in modo da ridurre la mollica in piccole briciole, poi travasate la mollica in un pentolino anti-aderente, di dimensione tale che la mollica possa formare un strato sottile, senza essere troppo ammassata.

Unite alla mollica il finocchietto, che avrete prima tritato finemente con il coltello, e una generosa macinata di pepe bianco, quindi portate la padella sul fuoco, a fiamma media, e fate andare, girando quasi in continuazione, fino a quando la mollica comincerà a scurirsi leggermente, poi spegnete e travasate rapidamente la mollica in una ciotolina.

Non lasciate la mollica nella padella, altrimenti, per effetto del calore residuo, continuerà scurirsi, soprattutto quella a contatto con il fondo.
Tornate al brodo e quando è a bollore, regolatelo di sale, nel caso servisse, poi tuffateci la pasta, cuocendola al dente.

Tornate all'acqua per la pasta e, quando è a bollore, tuffateci le linguine, facendole cuocere al dente, ricordandovi, a pochi minuti alla fine della cottura, di prendere una tazza e prelevare un po' dell'acqua di cottura, ricca di amido, che vi servirà per la mantecatura finale.

In attesa della cottura della pasta, preparate i piatti, mettendo sul loro fondo qualche cucchiaio di crema di asparagi, distribuendola uniformemente in modo che formi uno strato sottile sul fondo.

Quando la pasta è cotta, scolatela, lasciandola umida, e travasatela nella padella dove l’aspetta il condimento.

Riportate la padella sul fuoco, alzate la fiamma al massimo, e mescolate in modo da procedere con la mantecatura, aggiungendo gradualmente l'acqua di cottura messa da parte.

Fate in modo che la pasta risulti cremosa, interrompendo la mantecatura quando vedete che il fondo comincia, per effetto della completa evaporazione dell’acqua residua, a ridursi troppo.

Spegnete, unite i peperoni essiccati - tenetene da parte un cucchiaio - e date un'ultima mescolata al tutto, poi impiattate rapidamente ma con cautela, facendo il classico nido, aiutandovi con un mestolo o un grosso cucchiaio, che poi posizionerete al centro di ogni piatto, facendo attenzione a non spostare la crema di asparagi, poi disponete i dadini di peperone tenuti da parte direttamente sulla crema, in modo da creare un bel contrasto nei colori.

Distribuite la mollica di pane al finocchietto, quasi come fosse parmigiano, poi date un leggero giro d'olio extravergine e, per finire, guarnite come meglio credete, nel caso usando gli asparagi tenuti da parte e cotti in padella.

Portate velocemente in tavola e buon appetito.

28 aprile 2014

Le mie ricette - Sgombro saltato alla bottarga e agrumi, con vellutata di patate e porri



Molto simile ad una ricetta preparata tempo fa - tanto simile, che mi vergogno un po’ mettere il link - dove questa volta ho usato lo sgombro, un pesce cosiddetto povero che però ha molto da dire.

Lo sgombro l’ho saltato brevemente in padella, insieme alla bottarga di muggine e alla scorza degli agrumi, e poi abbinato ad una vellutata di patate e porri, fatte con le patate già lessate, in modo da eliminare il quanto più possibile l'amido.

Ho poi giocato un po’ con la guarnizione, usando qualche pisello lessato e alcune bacche di ribes, che danno un minimo di acidità ad un piatto di per se abbastanza morbido.

Ingredienti (per 4 persone)

Per lo sgombro
  1. Due piccoli sgombri
  2. Mezza arancia (sia la scorza che il succo)
  3. La scorza di mezzo limone
  4. Un cucchiaino di bottarga di muggine grattugiata
  5. Un paio di rametti di maggiorana fresca
  6. Un cucchiaio di piselli lessati (opzionali)
  7. Qualche bacca di ribes rosso (opzionali)
  8. Olio extravergine di oliva
  9. Sale e pepe
Per la vellutata di patate e porri
  1. Due patate a pasta gialla piuttosto grandi
  2. Un porro
  3. Brodo vegetale leggero (carota, sedano e cipolla)
  4. Olio extravergine di oliva
  5. Sale e pepe bianco

Per prima cosa preparate un poco di brodo vegetale - se proprio avete fretta, fatelo con il dado - mettendo le verdure, pulite e lavate, in una pentola e coprendole con acqua fredda, nella misura di circa un litro.

Salate leggermente con del sale grosso e portate sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio, facendo cuocere, da quando l'acqua prende il bollore, per un'ora e mezzo, togliendo poi le verdure e, se vi sembra il caso, filtrando il tutto, in modo da eliminare ogni residuo solido.

Tanto che il brodo va, preparate la vellutata di patate, mettendo per prima cosa a lessare le patate, con tutta la buccia e in abbondante acqua fredda leggermente salata, facendole cuocere fino a quando saranno ben morbide.

Come ho già detto nella premessa, ho preferito lessare preventivamente le patate in modo da eliminarne gran parte dell'amido, così da ottenere una vellutata meno collosa.

Tanto che le patate vanno, pulite il porro, eliminate lo strato più esterno, la parte dove si trova il ciuffo e poi tagliatelo a fettine sottilissime, partendo dalla parte bianca e fermandovi quando arrivate a quella verde più scura.

Tritate grossolanamente il porro, poi mettetelo in una casseruola, insieme a quattro cucchiai di olio extravergine, al sale, a una leggera macinata di pepe bianco e a un mestolo del brodo vegetale.

Portate la casseruola sul fuoco, a fiamma bassa e con il coperchio, e fate andare fino a quando il porro non si sarà appassito, aggiungendo nel caso servisse altro brodo durante la cottura.

Tornate alle patate e, quando sono pronte, scolatele, fatele intiepidire, poi sbucciatele e tagliatele grossolanamente in pezzi e, quando il porro è ben appassito e molto morbido, unitele nella casseruola.

Alzate la fiamma e fate andare le patate insieme al porro per un paio di minuti, poi spegnete e, usando un frullatore a immersione o tradizionale, lavorate porro e patate fino ad ottenere una crema fluida, senza alcun residuo solido, usando il brodo vegetale per regolarne la densità.

Regolate di sale, date una leggera macinata di pepe bianco, poi mettete da parte, con il coperchio e dedicatevi allo sgombro, che per prima cosa dovrete sfilettare.

Procuratevi quindi un coltello a lama lunga, sottile, flessibile e molto affilata, poi incidete lo sgombro all’altezza della coda, con un taglio perpendicolare alla sua lunghezza, quindi ruotate il coltello in modo che la lama sia a contatto con la lisca centrale e, infine, percorrere tutta la lunghezza fino ad arrivare alla testa, sempre mantenendo la lama a contatto con la lisca e facendo un altro taglio perpendicolare in modo da separare definitivamente il filetto dal resto del pesce.

Girate poi lo sgombro e procedete nello stesso modo anche per il secondo lato e il gioco è fatto.

Tagliate poi in due ogni filetto, facendo due tagli, uno a destra e uno a sinistra, della sua parte centrale, dove sono le lische residue. In questo modo non dovrete perdere tempo ad eliminare le lische una a una.

Rifilate poi i filetti, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto, eliminando poi anche quella parte di carne più rossa, vicina alle viscere, che di solito ha un gusto forte e amaro.

Mettete infine i filetti sul tagliere e tagliateli in pezzi più piccoli, ricavandone circa tre per ciascun filetto, lasciando la pelle al suo posto, dato che poi questa la renderete croccante durante la cottura in padella.

Prendete una padella, meglio se anti-aderente, ungetela con quattro cucchiai d’olio extravergine, al quale aggiungerete la scorza di arancia e di limone, la bottarga di muggine e i rametti di maggiorana.

Portate sul fuoco, a fiamma media e senza coperchio, e fate scaldare fino a quando gli agrumi e la bottarga cominceranno a sfrigolare, quindi unite i filetti di sgombro, con la parte della pelle a contatto con il fondo della padella, poi salateli e pepateli.

Fate cuocere, senza girare, in modo che la pelle diventi bella croccante, mentre la carne rimanga morbida e non troppo cotta. Un buon indicatore di fine cottura è quando la parte superiore dei filetti, quella più distante dal fondo della padella, non avrà cambiato colore, passando da un rosso molto scuro ad un rosa mediamente intenso.

Quando valutate manchino circa un paio di minuti alla fine della cottura, unite il succo della mezza arancia e fatelo ridurre, fino ad ottenere un fondo quasi sciropposo, momento nel quale spegnerete la fiamma e procederete con l’impiattamento.

Mettete quindi in ciascun piatto un mestolo di vellutata di patate e porri, sulla quale disporrete i pezzi di sgombro, guarnendo poi come meglio credete, nel caso usando piselli e ribes come in foto.

Date un leggero giro d’olio extravergine, una leggera macinata di pepe e poi portate rapidamente in tavola.

Buon appetito. 

23 aprile 2014

Le mie ricette - Rustica di brisè, con ricotta di pecora e trippa alla birra, accompagnata da marmellata di cipolla rossa di Tropea



La ricetta è nata, molto semplicemente, perché mi era avanzata parte della trippa preparata per questa ricetta e, complice anche un avanzo di ricotta di pecora, il loro matrimonio è venuto quasi automatico.

Il vantaggio di tagliare la trippa, che ha un sapore decisamente forte, con la ricotta ha inoltre il piacevole beneficio di darvi un piatto dai sapori meno decisi, tanto che la rustica se la sono mangiata anche i miei figli, che normalmente invece rifuggono la trippa quasi con orrore.

A creare un contrasto con la sapidità della rustica, ho poi preparato una marmellata di cipolle rosse fresche di Tropea, ulteriormente aromatizzata con dell'Amaranto passito delle cantine Vicari.

Per quanto riguarda le quantità, infine, tenete presente che io ho fatto una rustica non troppo grande, di circa 20 centimetri di diametro, per cui voi regolatevi di conseguenza, ricordando al solito che il ripieno deve sempre e comunque rispettare un equilibrio complessivo, per cui fondamentale sarà anche il vostro colpo d’occhio.

Ingredienti (vedi sopra)

Per la trippa
  1. Due etti e mezzo di trippa (vedi dopo)
  2. Una bottiglia di birra da 33 cl e di buon corpo
  3. Un cucchiaio di concentrato di pomodoro
  4. Due cucchiai rasi di pecorino romano grattugiato
  5. Una decina di foglioline di menta romana
  6. Mezza carota
  7. Un quarto di cipolla
  8. Mezza costa di sedano
  9. Olio extravergine di oliva
  10. Sale e pepe
Per la rustica
  1. Due rotoli di pasta brisè pronta
  2. Due etti e mezzo di ricotta di pecora
  3. Pepe bianco
  4. Burro (per ungere la teglia)
  5. Tuorlo d’uovo (per spennellare la pasta brisè)
Per la marmellata di cipolla
  1. Due cipolle fresche di Tropea
  2. Due cucchiai di zucchero di canna
  3. Mezzo bicchiere di Amaranto (o vino passito)

Piccola premessa sulla trippa, che suggerisco di prendere già lessata - oramai la si trova in quasi tutti i supermercati - lavandola poi per benino sotto l'acqua corrente e facendola poi scolare

Prendete poi una casseruola, metteteci un paio di cucchiai di olio extravergine, la cipolla, la carota e il sedano, tutti lasciati interi, in modo da poterli poi togliere a fine cottura.

Portate la casseruola sul fuoco, a fiamma media e, quando le verdure cominciano a sfrigolare, unite la trippa, fate riprendere il calore e poi aggiungete la birra, facendola scendere con cautela, in modo da ridurre la formazione di schiuma.

Unite anche il concentrato di pomodoro, poi salate e pepate, coprite con il coperchio, abbassate la fiamma al minimo e fate cuocere per un paio d'ore, controllando e girando di tanto in tanto.

Tanto che la trippa si crogiola nella sua casseruola, dedicatevi alla marmellata di cipolle di Tropea, pulendo quest'ultime a tagliandole a fettine molto sottili.

Prendete poi un pentolino, possibilmente anti-aderente, metteteci le fettine di cipolla, lo zucchero di canna e l'Amaranto, poi portatelo sul fuoco, a fiamma minima e meglio ancora se con una retina spargi fiamma.

Fate cuocere, con il coperchio, almeno per una quarantina di minuti, in modo che la cipolla possa ammorbidirsi per bene ed il fondo di cottura restringersi, sino a lasciare una sorta di sciroppo.

Spegnete, fate intiepidire e poi, usando il Minipimer o il frullatore tradizionale, riducete il tutto in una sorta di crema, senza tuttavia insistere troppo, in modo che la cipolla rimanga comunque visibile, sebbene in pezzi piccolissimi.

Mettete la marmellata da parte e tornate alla trippa e, quando è cotta, togliete il coperchio alla casseruola, alzate la fiamma e fate ridurre del tutto il fondo, in modo da ottenere una trippa molto cremosa.

Quando la densità è quella giusta, spegnete il fuoco, aggiungete il pecorino grattugiato al quale avrete unito la mentuccia, tritata al coltello, e il pepe, dando una bella girata al tutto, in modo da dar modo al pecorino di sciogliersi e alla mentuccia di sprigionare i suoi profumi.

Aspettate che la trippa sia fredda, poi mettetela sul tagliere e, usando un coltello a lama grande e affilata, tritatela molto grossolanamente, in modo che possa amalgamarsi alla ricotta, pur rimanendo percepibile quando vi mangerete la rustica.

Per ultimo mettete la ricotta in una ciotola e lavoratela per un minuto con la frusta in modo da renderla cremosa, poi unite la trippa e mescolate nuovamente, dando anche una leggera macinata di pepe.

Prendete la teglia che avete deciso di usare - assumerò che ne abbiate scelto una tonda - imburratela e mettete sul suo fondo un disco di carta da forno tagliato a misura.

Ritagliate da uno dei due fogli di pasta brisè un disco che possa foderare la teglia e risalire lungo i bordi, quindi usatelo per foderarla, facendo in modo che parte della pasta ricada leggermente al di fuori dei bordi.

Fate colare l'impasto di ricotta e trippa nella rustica, compattandolo per benino, aiutandovi con un cucchiaio e/o sbattendo delicatamente la teglia sul piano di lavoro.

Dal secondo foglio di pasta brisè ricavate un altro disco, di minore diametro del precedente, che userete come coperchio della rustica e, prima di posizionarlo, fategli un foro al centro usando un piccolo stampo circolare, che fungerà da camino per consentire all’umidità di uscire.

Posizionate il coperchio in modo che poggi sulla brisè usata in precedenza e che avete fatto ricadere fuori dal bordo della teglia, poi rifilate la pasta in eccesso e, per finire, sigillate la rustica pizzicando le estremità dei due fogli di brisè per tuta la circonferenza della teglia.

Usando il tuorlo d’uovo, spennellate accuratamente la pasta brisè e poi, se volete, fate qualche guarnizione con la brisè avanzata, ricordandovi di spennellare anche tali elementi.

Infornate a 180° per circa 30 minuti e comunque fino a quando la rustica non sarà bella dorata in superficie.

Tirate fuori dal forno e lasciate intiepidire per una quindicina di minuti, poi togliete delicatamente la rustica dalla teglia, cosa che dovrebbe essere facile grazie alla presenza del foglio di carta da forno sul fondo.

Bene, abbiamo fatto e non resta che impiattare - considerando la presenza della trippa, suggerirei di servire la rustica tiepida - disponendo le fette di rustica nei rispettivi piatti e poi mettendo accanto a loro un cucchiaino di marmellata di cipolle.

Guarnite come meglio credete, poi portate in tavola.

Buon appetito.

22 aprile 2014

Le mie ricette - Millefoglie di patate, gallinella e mozzarella, con mollica di pane al finocchietto ed emulsione di pomodoro



Di millefoglie, parmigiane, tortini o come li volete chiamare ne ho fatti molti, spesso anche decisamente simili e, anche questa volta, ho deciso di non smentirmi, preparando un millefoglie a base di patate, gallinella e mozzarella.

Oltre agli ingredienti principali, poi, la mollica di pane, tostata in padella pepe e finocchietto, che aiuta ad assorbire in parte il siero rilasciato dalla mozzarella, e un'emulsione di pomodoro, che crea anche un bel contrasto nei colori.

Vi anticipo che, per una buona riuscita, sarà fondamentale l’uso di una mandolina, che vi consenta di tagliare le patate in fette sottilissime, quasi trasparenti, spessore necessario per poterle cuocere in un tempo ridotto, a sua volta necessario per la presenza del pesce, che non ama cotture prolungate.

Per quanto riguarda le quantità, infine, io ho usato una teglia rettangolare di circa 20x15 cm, sufficiente per sei/otto porzioni.

Ingredienti (vedi sopra)

Per il millefoglie
  1. Otto etti di filetti di gallinella (vedi dopo)
  2. Un chilo di patate a pasta gialla
  3. Una mozzarella di latte vaccino di circa quattro etti
  4. Qualche rametto di finocchietto
  5. Dieci cucchiai di mollica di pane
  6. Olio extravergine d’oliva
  7. Burro (per ungere la teglia)
  8. Sale e pepe
Per l’emulsione di pomodoro
  1. Otto pomodori rossi e maturi (quelli che trovate, secondo la stagione)
  2. Mezza patata lessa
  3. Olio extravergine di oliva
  4. Sale e pepe bianco

Partite con la preparazione dell’emulsione, che potrà riposare in attesa della preparazione degli altri ingredienti, avendo così i suoi ingredienti il tempo per armonizzarsi.

Prendere una patata non troppo grande, a pasta gialla, e mettetela, con tutta la buccia, in una pentola con acqua fredda leggermente salata, portando poi la pentola sul fuoco e facendo cuocere fino a quando la patata non sarà ben morbida.

Tanto che la patata si cuoce, prendete un’altra pentola, metteteci dell’acqua e portatela sul fuoco e, quando l’acqua è quasi a bollore, tuffateci i pomodori - tenetene due da parte - lasciandoli a bagno per un paio di minuti, in modo che la loro buccia possa separarsi dalla polpa.

Scolate i pomodori, fateli intiepidire, poi eliminate la buccia - vedrete che verrà via con molta facilità - tagliate ciascun pomodoro in quattro spicchi, eliminate i semi e la parte acquosa, ricavandone quindi solo i filetti.

Sempre in attesa della cottura della patata, prendete un pentolino, metteteci mezzo litro d’acqua, i due pomodori messi da parte, tagliandoli prima a metà, il prezzemolo e un poco di sale grosso.

Portate il pentolino sul fuoco e, da quanto l’acqua prende il bollore, proseguite per circa quindici minuti, in modo da ottenere un brodo di pomodoro molto leggero, che vi servirà per regolare la densità dell’emulsione.

Tornate alla patata e, quando è cotta, scolatela, fatela intiepidire, quindi sbucciatela.

Mettete i filetti di pomodoro nel frullatore, insieme a quattro cucchiai d’olio extravergine e a mezza patata lessa, poi aggiungete mezzo mestolo del brodo di pomodoro, avendo cura che questo sia al più tiepido, meglio ancora se freddo.

Fate andare il frullatore alla massima velocità per una prima sgrossatura, poi valutate se sia il caso di aggiungere altro brodo, in modo da giungere ad una densità tipica di una vellutata.

Regolate di sale, date una macinata di pepe bianco e poi fate andare il frullatore per un’ultima volta, in modo da ottenere un’emulsione fluida e senza più alcun residuo solido.

Bene, mettete l’emulsione da parte e dedicatevi al pesce e, se non siete riusciti ad impietosire il pescivendolo, dovrete per prima cosa sfilettare - considerate che il peso dei filetti sarà più o meno pari alla metà del peso totale del pesce - operazione per la quale ci vuole un po' di pratica e di pazienza.

Usate un coltello piuttosto piccolo, con la lama flessibile e ben affilata, poi prendete la gallinella (o le gallinelle) e tagliategli via la testa, in modo che il corpo poggi meglio sul tagliere.

Partendo dalla coda, incidete trasversalmente il pesce, fino ad arrivare alla lisca centrale, poi ruotate il coltello, in modo che la parte piatta della lama rimanga ben a contatto con la lisca, tagliate per tutta la lunghezza, fino ad uscire dalla parte della testa.

Girate il pesce e ripetete per l'altro lato. Tutto sommato più facile a farsi che a dirsi.

Usando poi un paio di pinzette (ci sono quelle specifiche per il pesce), rimuovete le lische residue, che si trovano nella parte centrale dei filetti e poi, sempre usando un coltello affilato, rifilateli, rimuovendo la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto.

Rimuovete infine la parte più scura della polpa, quella vicino alle interiora, che ha un sapore piuttosto forte e amaro.

Mettete ora i due filetti su un tagliere, con la pelle rivolta verso il basso e usando sempre il coltello affilato, cominciate a ricavare le singole fette, partendo vicino alla coda e muovendovi gradualmente verso la testa, man mano che procedete con le fettine.

Dovete far lavorare la lama del coltello, senza forzare troppo, cosa che causerebbe la rottura delle carni del pesce, senza comunque curarvi troppo della loro forma, dato che non dovrete preparare un carpaccio, con il pesce a vista.

Mettete i filetti da parte e dedicatevi alla mollica di pane, meglio se ricavata dal pane raffermo del giorno prima, che metterete nel mixer, facendolo andare alla massima velocità in modo da ridurla in briciole.

In alternativa, potete anche usare il normale pangrattato, meglio però se riuscite a prenderlo in un forno artigianale, dove normalmente si trova più fresco e ricavato dal pane invenduto il giorno prima.

Mettete la mollica in un pentolino anti-aderente, di dimensione tale che il pane possa formare un strato sottile, senza essere troppo ammassato, poi unite una generosa macinata di pepe nero e le punte del finocchietto, sommariamente tritate.

Portate la padella sul fuoco, a fiamma media, e fate andare, girando quasi in continuazione, fino a quando il pane comincerà a scurirsi leggermente, quindi spegnete e travasate rapidamente la mollica in una ciotolina.

Non lasciate il pane nella padella, altrimenti, per effetto del calore residuo, continuerà scurirsi, soprattutto quella a contatto con il fondo.

Mettete anche la mollica da parte, in modo che possa freddarsi, quindi tagliate la mozzarella a fettine sottili, mettendole poi in attesa su un tagliere inclinato, in modo che parte del suo siero possa essere eliminato.

Infine le patate, che sbuccerete e taglierete in fette sottilissime, meno di un  millimetro di spessore, cosa per la quale, come già detto, vi servirà una mandolina di buona qualità e con lo spessore di taglio regolabile.

Non lavate le patate, come normalmente si fa, dato che per questa preparazione il loro amido sarà utile per dare compattezza e uniformità al millefoglie.

Bene, tutti gli ingredienti sono pronti e potete procedere con la composizione degli strati, cosa che farete prendendo la teglia anti-aderente che avete scelto e imburrandola per benino.

Fate sul fondo della teglia uno strato di patate, avendo cura che queste coprano per bene il fondo dello stampo, con un minimo di sovrapposizione tra le singole fette.

Salate le patate e distribuite quindi la gallinella, facendo uno strato il più compatto possibile, calcolando comunque la quantità totale di pesce, in modo da non rimanerne senza negli ultimi strati.

A tale proposito, come regola generale per evitare di rimanere senza uno degli ingredienti, suggerisco di pianificare in anticipo il numero di strati da fare e poi suddividere tutti gli ingredienti in un numero di gruppi pari a tale numero.

Dopo il pesce, che salerete e peperete leggermente, mettete la mozzarella, seguendo lo stesso approccio seguito per il pesce, quindi distribuzione regolare e idealmente compatta, poi la mollica di pane, distribuita a pioggia, sempre in modo regolare.

Fate un leggerissimo giro d’olio extravergine e poi ripetete l’intera sequenza, dalle patate alla mollica, fino ad arrivare quasi al bordo della teglia o fino a quando non esaurirete uno degli ingredienti.

Abbiate in ogni caso cura nel terminare con uno strato di patate, compatto, che salerete e sul quale distribuirete ancora la mollica di pane, in questo caso in quantità maggiore di quella usata per gli strati interni.

Un ultimo giro d’olio extravergine, un po' più abbondante di quello fatto sugli strati interni, poi infornate a 180° per circa trenta minuti, quindi altri cinque minuti sotto al grill, a 200°, in modo da far ulteriormente dorare la mollica di pane.

Quando il millefoglie è pronto, toglietelo dal forno e fatelo riposare una decina di minuti prima di tagliarlo nelle singole porzioni.

Bene, non resta che impiattare, mettendo per prima cosa un paio di cucchiai di emulsione di pomodoro in ciascun piatto e poi disponendo il millefoglie.

Guarnite come preferite e poi portare in tavola.

Buon appetito.

20 aprile 2014

Le mie ricette - Ravioli ripieni di ricotta di bufala, broccoletti e salsiccia, con burro alla maggiorana, pecorino romano e foglie di broccoletto essiccate



Come nome ero tentato di usare qualcosa del tipo “salsicce e broccoletti dentro ai ravioli” oppure “la pasta incontra salsicce e broccoletti”, ma alla fine ho scelto un approccio meno creativo, se non altro per mettermi al riparo dalla prevedibile ironia.

Il ripieno, come da titolo, è a base di broccoletti e salsiccia, nello specifico la luganega, ai quali ho aggiunto la ricotta di bufala, per avere la giusta consistenza, ma anche per un sapore ancora più ricco, e una generosa dose di pecorino romano, quello di Brunelli.

Condimento semplice, come a mio avviso d'obbligo con le paste ripiene, con un burro profumato alla maggiorana e con ancora il pecorino romano, al quale ho aggiunto qualche foglia di broccoletto essiccata in forno e poi sbriciolata.

La pasta dei ravioli è fatta in casa, ma voi potete, se siete pigri o avete fretta, prendere una di quelle confezioni di pasta fresca per le lasagne ed usare i singoli fogli per ricavarne i ravioli.

Per quanto riguarda infine le dosi, consideratele indicative, visto che molto dipende dalla dimensione dei singoli ravioli - a me piacciono grandi - e dall’equilibrio che il ripieno deve avere.

Ingredienti (per circa 18/22 ravioli)
  1. Una dose di pasta fatta in casa (qui la mia ricetta)
  2. Due etti e mezza di ricotta di bufala
  3. Una trentina di centimetri di luganega
  4. Un etto di foglie di broccoletti
  5. Un paio di rametti di maggiorana fresca
  6. Due cucchiai di pecorino romano grattugiato
  7. Sessanta grammi di burro
  8. Sale e pepe

Per prima cosa dedicatevi ai broccoletti, eliminandone i gambi, tenendo quindi solo foglie e boccioli, lavandoli accuratamente e poi pesandoli alla quantità indicata.

Mettete da parte tre o quattro foglie belle grandi, poi prendete una casseruola, metteteci circa un litro d’acqua, salandola leggermente, poi portatela sul fuoco e, quando raggiunge il bollore, tuffateci i broccoletti, che farete cuocere a fiamma vivacissima e senza coperchio per non più di cinque minuti.

Mentre i broccoletti si cuociono, prendete una ciotola bella grande e riempitela con acqua freddissima, meglio ancora se aggiungerete anche del ghiaccio.

Quando i broccoletti sono cotti, prelevateli con un mestolo bucato e travasateli nell’acqua ghiacciata, in modo da, come si dice in gergo, fissarne la clorofilla, cosa che consentirà ai broccoletti di mantenere un colore verde brillante, decisamente meglio del classico verde-quasi-marroncino che si ottiene quando li lessate senza poi freddarli tempestivamente.

Non appena saranno freddi, togliete i broccoletti dall’acqua ghiacciata, fateli scolare per benino e quindi asciugare, all’aria aperta o nel forno a circa 40°, in modo da far evaporare quanto più possibile l’acqua residua.

Prendete una teglia, metteteci un foglio di carta da forno, disponeteci sopra e ben stese le foglie di broccoletto che avete messo da parte, quindi infornate a 80° per circa mezz’ora, fino a quando le foglie non si saranno essiccate, momento nel quale le toglierete dal forno e le farete freddare, in luogo asciutto, altrimenti perderebbero la loro croccantezza.

Prima di procedere con il ripieno, preparate il burro profumato alla maggiorana, mettendone i rametti in un pentolino d' acciaio, o comunque che possa andare in forno, insieme al burro e a una macinata di pepe nero.

Mettete il pentolino in forno a circa 50°, in modo che il burro possa sciogliersi ma senza bollire, lasciandocelo fino a quando i ravioli non saranno pronti da servire, in modo che la maggiorana abbia il tempo da trasferire profumi e sapori al burro.

Prendete ora la salsiccia ed eliminatene il budello che la contiene, poi tagliatela grossolanamente a pezzi e mettetela in una padella anti-aderente, senza aggiungere alcun grasso.

Portate la padella sul fuoco, a fiamma media, e fate rosolare la salsiccia, in modo che rilasci il suo grasso e, al tempo stesso, assuma un bel colore brunito. Durante la cottura, usando un cucchiaio di legno, rompete ulteriormente i singoli pezzi, in modo da ottenere, a fine cottura, una sorta di macinato.

Quando la salsiccia è pronta, spegnete la fiamma e travasatela in un piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura, in modo da assorbire il grasso residuo della salsiccia.

Prendete una ciotola, metteteci la ricotta, la salsiccia sbriciolata, un cucchiaio ben colmo di pecorino grattugiato, una macinata di pepe e date una prima mescolata.

Mettete i broccoletti sul tagliere - mi raccomando che siano ben asciutti - e tritateli grossolanamente usando un coltello con una lama piuttosto grande, poi uniteli nella ciotola e mescolate nuovamente, in modo da ottenere un impasto omogeneo.

Mi raccomando, resistete alla tentazione di usare il mixer per creare l’impasto, dato che questo deve si essere omogeneo, ma con i singoli ingredienti ancora chiaramente distinguibili e non sarà certo un problema se qualche singolo rimanga ancora percepibile, anzi, la cosa contribuirà a rafforzare il senso di rustico del piatto.

A rischio di ripetermi, vi sollecito nuovamente circa l’importanza dell’equilibrio complessivo degli ingredienti del ripieno, per i quali le quantità indicate sono indicative, mentre quelle reali dipenderanno dal vostro occhio, dalla vostra esperienza e dal vostro gusto.

Regolate di sale l'impasto e mettetelo da parte, in frigorifero, quindi dedicatevi alla preparazione della pasta, seguendo la mia ricetta, la vostra o, se proprio volete e come già detto, comprandola già fatta.

Se fate voi la pasta, fatela riposare, nella forma della classica palla, per una mezz'ora e poi, finalmente, partite con la preparazione dei ravioli.

Stendete la pasta, fermandovi ad uno spessore sottile ma non troppo, leggermente maggiore, ad esempio, di quello tipico delle fettuccine, dato che i ravioli saranno piuttosto grandi e dovranno contenere una generosa dose di ripieno. Potete ovviamente stendere sia a mano che, se l’avete, con la macchina per la pasta.

Usando un cucchiaio, disponete il ripieno su un primo strato di pasta, considerando un cucchiaio ben colmo per ogni raviolo e distanziando ogni ripieno di circa sei centimetri dal successivo.

Con un pennellino o con le dita, inumidite con acqua la sfoglia sulla quale avete messo il ripieno, muovendovi tutto intorno al ripieno, poi prendete un altro foglio di pasta, di dimensione tale da poter coprire quello sottostante, considerando che il foglio che ricopre deve poter creare la cupoletta con il ripieno, e adagiatelo delicatamente su quello sottostante.

Usando le dita, fate aderire per bene il foglio superiore di pasta al ripieno, facendo uscire le sacche d’aria, che inevitabilmente si formano, poi, sempre con le dita, premete leggermente tutto intorno, in modo da far aderire perfettamente i due fogli di pasta.

Usando uno stampo per ravioli, uno di quelli con il bordo dentellato, oppure una rotellina taglia pasta, sempre a bordi dentellati, ricavate i ravioli, dandogli la forma che preferite.

Controllate che i bordi siano ben chiusi e, se così non fosse, sollevate leggermente lo strato superiore e poi, usando le dita, inumidite leggermente con l’acqua quello inferiore, poi richiudete.

Se decidete di cuocere i ravioli più tardi, metteteli nell’attesa su di un foglio di carta da forno, sul quale avrete messo un po’ di semola.

Quando siete pronti, mettete l’acqua per la cottura sul fuoco, scegliendo una pentola molto grande o, meglio ancora, una grossa padella anti-aderente, dove i ravioli possano sguazzare per benino (per padella grossa, intendo di almeno 36 centimetri di diametro).

Quando l’acqua è a bollore, immergeteci delicatamente i ravioli e fateli cuocere, considerando che il tempo di cottura dipenderà dallo spessore al quale avete tirato la pasta. Nel mio caso, con uno spessore della pasta non troppo sottile, ci sono voluti circa dodici minuti dalla ripresa del bollore.

Una buona regola per valutare la cottura, considerando che non potete certo assaggiare uno dei ravioli, è quella di aggiungere nella pentola un pezzo di pasta avanzato, ripiegato su se stesso, in modo che abbia lo stesso spessore dei ravioli, ed assaggiarlo per poter valutare lo stato di cottura dei ravioli.

Nell’attesa della cottura dei ravioli, grattugiate il pecorino romano e aggiungeteci le foglie di broccoletto essiccate, sbriciolandole con le mani ed eliminando gli eventuali residui costituiti principalmente dalla struttura centrale delle foglie.

Quando i ravioli sono cotti, scolateli uno ad uno, usando un mestolo bucato, facendo in modo che tutta l’acqua possa scolar via, poi metteteli delicatamente nei rispettivi piatti.

Fate colare un cucchiaio del burro aromatizzato su ogni raviolo - mi raccomando, solo il burro, ovviamente - poi distribuite, facendolo cadere a pioggia, un poco del pecorino romano grattugiato mescolato al broccoletto essiccato.

Guarnite come meglio credete, poi portate rapidamente in tavola.

Buon appetito.