Questa ricetta partecipa, nella categoria “Gruyère DOP”, al concorso
organizzato da Formaggi Svizzeri e dal Blog Peperoni e Patate.
Partirò con una piccola premessa, che spero non suoni
fastidiosamente accademica, ricordando che il formaggio “Gruyère DOP” deve il suo nome al Distretto della Gruyère, del Canton Friburgo, dove
appunto viene prodotto. In Italia, per motivi oscuri, spesso invece usiamo tale
termine per indicare un altro formaggio, sempre di origine svizzere, e
precisamente l’Emmentaler DOP, il formaggio con i classici buchi.
Personalmente sono stato anch’io a lungo vittima di
questa confusione, confondendo i due formaggi - anzi, direi anche peggio, visto
che consideravo i due nomi come perfetti sinonimi - di fatto ignorando il vero Gruyère
DOP, un formaggio che invece mi ha piacevolmente sorpreso, per particolarità
del sapore e morbidezza al gusto.
Devo anche riconoscere, ma qui immagino giochi anche la
mia poca esperienza con i formaggi d’oltralpe, che sia il Gruyère DOP che
l’Emmentaler DOP sono formaggi che io considero difficili, formaggi cioè che “vanno
mangiati sapendo di mangiare un formaggio”. Con questa affermazione, che
agli occhi appare come una tautologia con i fiocchi, intendo dire che questi
formaggi vanno gustati come un vero e proprio piatto e non come una sorta di complemento. In altre parole, è attorno
a questi che va costruito il piatto, con tutti gli altri elementi che lo
compongono che devono ad essi abbinarsi, e non viceversa, dove il formaggio è
una sorta di riempitivo (mi rileggo e
mi scopro assai criptico, anche se spero che il senso del discorso sia stato colto).
Esaurita la premessa e ricordandovi che, dopo questa,
seguirà anche una ricetta a base di Emmentaler, mi tuffo a bomba nella
descrizione di ciò che ho preparato.
Bene, considerando la provenienza dello splendido
formaggio, dal sapore morbido e intenso, ho pensato ad una ricetta che,
come impronta generale, ricordasse gli splendidi paesaggi dove vivono
indisturbate le amiche mucche che producono il latte con il quale il formaggio è
prodotto.
E, appunto a ricordare il latte, ho deciso per una
versione liquida del Gruyère DOP, una
sorta di fonduta tenuta ben più liquida della sua classica versione e
arricchita con le castagne, perfette in questo periodo, per un piatto da
mangiarsi rigorosamente "al cucchiaio", abbinando poi ingredienti che
richiamassero, nei colori e nelle consistenze, i meravigliosi alpeggi svizzeri:
- la polvere di verza, a richiamare il prato;
- i pomodorini disidratati, a richiamare i fiori;
- i crostini di pane, che con la loro croccantezza rappresentano i sassi.
La preparazione non è complicata, con la sola eccezione
del tuorlo fritto, che richiede un minimo di manualità e pratica, ma nulla che
non si possa fare.
Concludo dicendovi che, se avete tempo, potete mettere in
infusione il Gruyère DOP con un giorno di tempo, in modo da consentire agli
ingredienti di avviare il processo di armonizzazione
con un certo anticipo.
Ingredienti (per 4 persone)
Per il Gruyère DOP liquido
- Cento grammi di Gruyère DOP svizzero
- Ottanta grammi di polpa di castagne (vedi dopo)
- Duecento grammi di panna fresca
- Cinquanta grammi di latte intero
- Maizena o fecola (opzionale, vedi dopo)
- Noce moscata
- Pepe bianco
- Sale
Per i tuorli fritti
- Quattro uova
- Pangrattato
- Olio per figgere (oliva o arachidi)
- Sale
Per tutto il resto
- Due foglie di verza (vedi dopo)
- Otto pomodorini Datterino o Ciliegino
- Due fette di pane casareccio
- Mezzo spicchio d’aglio
- Olio extravergine d’oliva
- Un pizzico di zucchero semolato
- Un pizzico di sale
Partite con la bollitura delle castagne, una delle
componenti del liquido di Gruyère DOP
che, come detto sopra, potete fare anche il giorno prima, in modo da dargli il tempo
di insaporirsi la meglio.
Considerando la quantità di polpa di castagne che dovrete
utilizzare e la parte che invece scarterete, direi di partire con una quantità
pari ad una volta e mezza il peso indicato, quindi circa centoventi grammi.
Fate una leggera incisione sul guscio delle castagne - l’incisione
non è obbligatoria nella bollitura e molti non lo fanno ma, in ogni caso, mi
raccomando che sia poco profonda, solo per inciderne la buccia - e poi
mettetele in una pentola, coperte da un paio di litri di acqua fredda, alla
quale aggiungerete un cucchiaino di sale.
Portate la pentola sul fuoco, con il coperchio e, da
quando l'acqua prenderà il bollore, calcolate circa cinquanta minuti di
cottura, quindi spegnete la fiamma e lasciate le castagne ad intiepidirsi nella
loro acqua, dalla quale le prenderete una ad una per sbucciarle ed eliminare la
pellicina che si trova sotto la buccia.
Nel caso decideste di preparare il piatto fuori stagione,
o più semplicemente se foste pigri, allora potete usare le castagne secche o,
cosa ancora migliore, prenderle già lessate, considerando che oramai si trovano
abbastanza facilmente, confezionate in atmosfera protettiva e, devo dire,
veramente molto buone; costano un po’ di più, ma vi fanno risparmiare tempo e
fatica.
Quale che sia la scelta fatta, raccogliete i pezzi di
castagna nel passaverdure o nello schiaccia patate e passateli in modo da
ottenerne una polpa omogenea, senza pezzi interi. In alternativa potete schiacciare le castagne con i rebbi di
una forchetta, anche se in questo caso sarà più difficile ottenere la stessa
omogeneità.
Prendete ora un pentolino, meglio se di acciaio, e
metteteci la polpa delle castagne, la panna fresca, il latte, un pizzico di
noce moscata e una leggera macinata di pepe bianco.
Usando una grattugia che vi consenta di ricavare piccole
scaglie, grattugiate il Gruyère DOP, pesandolo e unendolo nel pentolino, poi
mescolate con una forchetta e, se avete tempo, coprite con un pezzo di
pellicola trasparente e mettete in frigorifero per tutta la notte.
Quando siete pronti per procedere, ricordando che ciò
dovrà avvenire almeno un paio d’ore prima di servire, procedete con gli
ingredienti accessori, partendo con
quelli che dovranno essere essiccati
in forno.
Dalla verza prendete le foglie più esterne, scegliendo
solo la parte più verde ed eliminando quella bianca, peraltro più dura, poi
prendete una teglia, metteteci un foglio di carta da forno, deponeteci sopra le
foglie di verza, senza aggiungere altro, e infornate a 70° per circa mezz’ora e
comunque fino a quando la verza non sarà diventata ben croccante.
Mi raccomando, non abbiate fretta e non alzate la
temperatura, dato che la verza deve essiccarsi, non cuocersi, e 70° è la giusta
temperatura per far evaporare l'acqua in modo non traumatico.
Tanto che la verza è in forno, tagliate ciascun
pomodorino in quattro spicchi e poi, usando un piccolo coltellino, eliminate i
semi e la parte interna, più acquosa, disponendo gli spicchi, al solito, in una
teglia con il solito foglio di carta da forno sul fondo.
Distribuite sui pomodorini un pizzico di sale ed uno di
zucchero, quindi infornate alla stessa temperatura della verza - ovviamente, se
avete un forno capiente, potete procedere in parallelo - lasciando disidratare
i pomodori per circa un’ora, in modo che risultino raggrinziti ma non secchi.
Quando la verza è pronta, tiratela fuori e, usando il
mixer - ma la cosa si può fare anche con le mani - riducetela in una sorta di
polvere piuttosto sottile, mentre i pomodorini, anch’essi quando pronti, li
fare semplicemente freddare.
Per ultimo i dadini di pane, eliminando la crosta dalle
fette - scegliete un pane casareccio con la mollica molto compatta e non troppo
asciutta - e tagliando la mollica in
dadini regolari e piuttosto piccoli, direi non più di mezzo centimetro di lato.
Sbucciate lo spicchio d’aglio e tagliatelo a metà e poi,
con la parte tagliata, strofinate per bene il fondo di un padellino
anti-aderente, in modo che gli umori dell’aglio
possano profumare il suo fondo.
Aggiungete due cucchiai di olio extravergine e portate il
padellino sul fuoco e, quando questo sarà ben caldo, unite i dadini di pane,
facendoli saltare velocemente e girandoli, in modo che possano dorarsi
uniformemente.
Non appena i dadini saranno pronti, travasateli in un
piatto, sul quale avrete messo un foglio di carta da cucina o per frittura, in
modo che l'olio in eccesso possa essere assorbito.
Ora è il momento del liquido
di Gruyère DOP, per il quale riprenderete il pentolino dal frigorifero, darete
una veloce mescolata sempre con una forchetta e lo porterete sul fuoco, a
fiamma minima e, meglio ancora, usando anche una retina spargi fiamma.
Fate salire gradualmente la temperatura, mescolando
sempre con la forchetta, fino a quando il formaggio non si sarà completamente
sciolto, ricordando che la temperatura non deve mai raggiungere il punto di
ebollizione, cosa che comporterebbe la separazione della parta grassa del
formaggio e la conseguente formazione dei grumi.
Valutate ad occhio la densità composto e, ma solo se
questa vi dovesse sembra eccessivamente liquida - ricordate che non state preparando
una fonduta ma, appunto, un liquido -
potete aggiungere una punta di maizena o di fecola, setacciandola con un colino
a maglie fitte e mescolando fino a quando noterete l’addensarsi del tutto.
Quando il liquido
è pronto, setacciatelo usando un colino a maglie fitte e aiutandovi con il
dorso di un cucchiaio, con il quale premerete
il composto sulle pareti del colino, raccogliendo il tutto in una ciotola e
lasciando i residui solidi all’interno del colino.
Coprite la ciotola con un foglio di pellicola
trasparente, in modo che il liquido
di Gruyère DOP rimanga tiepido tanto che ultimate la preparazione (nel caso
doveste o voleste successivamente scaldarlo, fatelo a bagnomaria)
Passate ora alla frittura dei tuorli, operazione delicata
e da fare per ultima, prendendo per prima cosa una scodella e riempiendola con
abbondante pangrattato.
Rompete le uova e separate le chiare dai tuorli - usate
il metodo che vi è più congeniale - e deponete con la massima delicatezza questi
ultimi nella scodella con il pangrattato.
Preparate anche quattro piccoli quadrati di carta da
forno - uno per ogni uovo - di più o meno di dieci centimetri di lato.
Usando un cucchiaio, distribuite il pangrattato sui tuorli,
in modo da ricoprirli completamente, poi, sempre usando il cucchiaio e infilandolo
in profondità sotto a ciascun tuorlo, sollevatelo e, tenendo in una mano il
pezzo di carta da forno e nell’altra il cucchiaio con il tuorlo, fate passare
quest’ultimo, più volte e delicatamente, dal cucchiaio alla carta, in modo che,
ad ogni passaggio, il pangrattato in eccesso possa cader via.
Quando tutto il pangrattato in eccesso sarà scivolato
via, rimanendone attaccato al tuorlo solo un leggero strato, appoggiate il
foglio di carta, con il tuorlo sopra, sul piano di lavoro, ripetendo poi tutta
l’operazione per gli altri tuorli.
Prendete ora una padella per friggere, di diametro non
eccessivo, e riempitela con olio per friggere, in quantità tale che l’altezza
raggiunta dall’olio sia almeno pari al doppio dell’altezza di un tuorlo.
Portate l’olio a circa 140°, non di più, poi prendete il
foglio di carta con il tuorlo - dati i tempi brevissimi, operate con un tuorlo
alla volta - e, immergendo parzialmente il foglio nell’olio, fateci scivolare
dentro il tuorlo.
Fate friggere per una quindicina di secondi, poi, sempre
usando un cucchiaio, girate delicatamente il tuorlo e fatelo friggere per altri
quindici secondi, quindi prendetelo nuovamente con il cucchiaio, sollevatelo, e
fate colar via l’olio residuo, mettendo infine il tuorlo su un’altro foglio di
carte da forno delle stesse dimensioni di quelli già utilizzati (non lo mettete
direttamente su un piatto, altrimenti potrebbe attaccarsi).
Tenete presente che, al di là dei tempi indicati, dovrete
ottenere un tuorlo nel quale la parte esterna, per effetto della frittura, sia
tale da costituire una sorta di involucro semirigido per l’interno, che invece
deve rimanere liquido.
Salate leggermente il tuorlo in superficie, poi ripetete
tutta la sequenza per gli altri tuorli.
Bene, non resta che comporre i piatti, distribuendo per
prima cosa, sul loro fondo, un mestolo di liquido
di Gruyère DOP e poi, con molta delicatezza e usando sempre i fogli di carta da
forno come una sorta di scivolo,
deponete al centro di ogni piatto un tuorlo fritto.
Distribuite poi la polvere di verza, i dadini di pane e i
pomodorini, questi tagliati prima in pezzi più piccoli, in modo da ricreare
l’idea di prato, quindi guarnite come meglio credete e portate in tavola.
Complimenti un piatto fantastico. ritrovo armonia nel gusto e nella presentazione . Un capolavoro!Un caro saluto,peppe.
RispondiEliminaGrazie Peppe :-)
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