Questa ricetta partecipa al contest “Taste
Abruzzo, it’s Xmas Time!”.
Si, lo so, il Natale è prima di tutto una celebrazione
religiosa, che dovrebbe essere scevra da derive consumistiche e alimentari, ma
si, l'uomo è debole e di tale debolezza io ne sono un esempio lampante...
Il Natale, per me, è qualcosa di indissolubile dalle
libagioni che lo accompagnano e, per dirla alla romana, le magnate della Vigilia e del successivo Natale mi rimangono impresse
più di tutte le altre cose, regali sotto l'albero compresi.
Io pianifico, si sa, e lo faccio con smodato anticipo,
praticamente finito un Natale io già penso, gastronomicamente parlando, al
successivo, con un rigore e una precisione sconosciuta ai più, tra le
espressioni di sconforto della famiglia tutta, dovendo giocoforza ignorare le
espressioni di rassegnazione, quasi di sberleffo, che moglie e figli
indirizzano nei miei confronti, nel privato della casa e nella socialità degli
incontri con gli amici.
Ma io resisto, con fare quasi eroico e sapendo di essere
nel giusto. Quel "giusto" che prende spunto, che si aggrappa, al
voler nutrire sia lo spirito che il corpo e, in fatto di nutrizione io mi
ritengo un esperto, non tanto nella sua giustezza - chiedo venia, ma qui non
c'è spazio ai dettami dell'alimentazione salutare - quanto piuttosto
nell'abbondanza.
Certo, c'è lo spirito e la profondità del suo significato
religioso, ma poi credo che sia fondamentale sostenerli anche con una giusta
dose di cibo (e qui la misura della "giustezza" è del tutto
personale), che dia degna prosecuzione e conclusione di uno dei periodi più
belli dell'anno.
Questa particolarità nel vivere le festività, peraltro,
si è sviluppata nel tempo, dando già chiari segni in età giovanili, quando mi
affacciavo timidamente in cucina, sbirciando nelle pentole e cercando di
cogliere quanto veniva detto a proposito del menù, a cercare quella
tranquillità interiore derivante dalle certezze di ciò che avrei trovato
sedendomi a tavola.
Fede, regali e cibo, ovvero la mia personale Trinità,
decisamente pagana, lo ammetto, ma tant'era e tant'è ancora e, spero, tanto
sarà in futuro.
Se l'importante è stare insieme, in famiglia, allora non
vedo perché non lo si debba fare allietando lo stomaco oltre che lo spirito e
questa mia eccessiva alle cose terrene spero mi venga perdonata
nell'inevitabile momento in cui sarò puro spirito.
Bene, tutto questo amarcord
sul Natale e sulla celebrazione gastronomica che si porta dietro, specialmente
quella della Vigilia con il suo menù di
magro, nonché la declinazione
abruzzese del concorso, mi ha portato a preparare un piatto che, me lo
auguro, celebri sia la festività che le tipicità di quella meravigliosa
regione, a partire dai legumi - ceci, fagioli (io ho usato il Nasieddu Viola
di Sarconi), cicerchie e roveja - passando per il pesce - triglia e scorfano -
per arrivare infine allo zafferano, che
io considero la regina incontrastata delle spezie.
La base del piatto è sicuramente il pesce, che è presente
in due consistenze: la prima data dal brodo allo zafferano, che rappresenta
l'elemento liquido del piatto e ne
costituisce la base; la seconda nella forma di filetti, prima saltati in
padella e poi caramellati con lo zucchero di canna, esattamente come si fa
normalmente per la creme brulèe
(anticipo subito che vi servirà un caramellatore), per aver un buon contrasto
con il sapore pungente dello
zafferano.
Poi ci sono i legumi, lessati separatamente per
rispettarne le differenti consistenze, e poi aggiunti al momento di comporre il
piatto. in quantità non eccessiva, dato che il loro compito è quello di accompagnare il pesce e non di
sovrastarlo.
Per finire il cavolo nero, per un omaggio alla
stagionalità, nella forma di boccioli
croccanti, che danno colore al piatto e ne completa i sapori.
Concludo dicendovi che le quantità di legumi da usare,
anche in considerazione della loro varietà, sono piuttosto ridotte, ma voi
potete naturalmente lessarne di più, come peraltro io stesso ho fatto, e poi
usare quelli in avanzo per altre preparazioni.
Ingredienti (per 4 persone)
- Due triglie di scoglio di medie dimensioni
- Uno scorfano di medie dimensioni
- Due cucchiai di ceci
- Due cucchiai di roveja
- Due cucchiai di cicerchia
- Due cucchiai di fagioli
- Una ventina di foglie di cavolo nero
- Due cucchiai di zucchero di canna
- Una o due bustine di zafferano (vedi dopo)
- Mezza carota
- Un quarto di cipolla
- Un cucchiaino di finocchietto selvatico
- Olio extravergine di oliva
- Sale marino e pepe bianco
La sera prima, o comunque dodici ore prima dell'avvio
della preparazione vera e propria, mettete tutti i legumi, separatamente, a
bagno in acqua fredda e poi andate a ninna o dedicatevi ai vostri passatempi
preferiti.
Trascorso il tempo dell'ammollo, scolate i legumi e,
ancora una volta separatamente, lessateli mettendoli in abbondante acqua
fredda, portandoli sul fuoco e facendoli cuocere per i rispettivi tempi di
cottura.
Indicativamente la roveja sarà la prima a cuocersi,
seguita poi dalla cicerchia e, per finire, dai ceci e dai fagioli. Sempre come
indicazione, tenete conto tempi che vanno dai circa quaranta minuti della
roveja, alle due ore dei fagioli.
In ogni caso, considerando che i legumi li consumerete
interi, non cuoceteli troppo, in modo che non risultino sfaldati a fine
cottura, ma siano invece quasi al dente.
Quando i legumi sono pronti lasciateli intiepidire nella
loro acqua di cottura.
Dedicatevi poi al pesce, con gli scarti del quale ci
dovrete preparare il brodo, procedendo con la sua sfilettatura, operazione per
la quale ci vuole un po' di pratica e di pazienza.
Usate un coltello con la lama flessibile e ben affilata,
poi prendete il pesce e tagliategli via la testa, in modo che il corpo poggi
meglio sul tagliere.
Partendo dalla coda, incidete trasversalmente il pesce,
fino ad arrivare alla lisca centrale, poi ruotate il coltello, in modo che la
parte piatta della lama rimanga ben a contatto con la lisca, tagliate per tutta
la lunghezza, fino ad uscire dalla parte della testa. Girate il pesce e
ripetete per l'altro lato, tutto sommato più facile a farsi che a dirsi.
Altro modo, più di precisione, è quello di usare un
coltellino molto affilato e incidere il pesce nella sua parte superiore,
tenendo la lama a contatto con la lisca centrale e procedere con piccoli tagli
verso l’interno del pesce, fino a separare i filetti. Per capire meglio, potete
guardarvi questo video
di Coquis - Ateneo Italiano della Cucina.
Usando poi un paio di pinzette (ci sono quelle specifiche
per il pesce), rimuovete le lische residue, che si trovano nella parte centrale
dei filetti e poi, sempre usando un coltello affilato, rifilateli, rimuovendo
la parte di pelle sui bordi che, normalmente, è più spessa e meno gradevole,
sia alla vista che al gusto.
Rimuovete infine la parte più scura della polpa, quella
vicino alle interiora, che ha un sapore piuttosto forte e amaro, mentre
lasciate al suo posto la pelle, che poi renderete croccante con il passaggio in
padella.
I filetti di triglia lasciateli interi, mentre quelli
dello scorfano tagliate in pezzi trasversalmente alla loro lunghezza, in modo
da ottenere in tutto otto pezzi.
Mettete i filetti in frigorifero, mentre tutti gli scarti
li metterete in una ampia pentola, insieme a due litri di acqua, alla carota e
alla mezza cipolla - personalmente non amo il sedano, ma voi sentitevi libero
di usarlo - e portate sul fuoco.
Portate a bollore leggero, poi fate andare fino a quando
il liquido non si sarà ridotto della metà, in modo da ottenere un brodo ben
concentrato, che salerete solo verso la fine della cottura, per evitare che
l'evaporazione dell'acqua accentui quella che all'inizio vi sembrava una giusta
sapidità.
Fate la prima mezz’ora della cottura con il coperchio,
poi toglietelo in modo da facilitare la riduzione del brodo e, quando questo è
pronto, filtratelo per eliminare tutti i residui, raccogliendolo in una piccola
casseruola.
Portate la casseruola con il brodo sul fuoco, fatelo
scaldare, quindi unite lo zafferano - qui regolatevi anche in base al vostro
gusto e decidete voi quanto usarne a seconda di quanto volete sia netto e
presente il suo sapore - e il
finocchietto, che avrete prima tritato finemente al coltello, e una generosa
macinata di pepe bianco, mescolando per bene in modo che lo zafferano possa
sciogliersi completamente, quindi spegnete la fiamma, coprite con il coperchio
e tenete al calduccio.
Portate sul fuoco, con il coperchio, e fate raggiungere
un bollore leggero, poi fate andare per almeno un'ora, salando solo verso la
fine della cottura, in modo da non avere una sapidità eccessiva per effetto
dell'evaporazione del liquido.
Dedicatevi quindi alle foglie di cavolo nero, prendendo
per prima cosa una ciotola bella grande e riempiendola con acqua freddissima,
magari aggiungendo anche del ghiaccio o, se non l'avete, mettendo la ciotola
con l'acqua nel frigorifero.
Scegliete poi le foglie più grandi del cavolo nero e poi,
usando un coltello ben affilato, separate la loro parte verde dal gambo,
facendo un taglio continuo tra la foglia e la sua attaccatura alla costola
centrale.
Prendete una piccola pentola, riempitela d'acqua,
salandola leggermente, poi mettetela sul fuoco e portatela a bollore, quindi tuffateci
dentro le foglie di cavolo nero, lasciandocele per due minuti esatti, poi
prendetele con un mestolo bucato e travasatele nell'acqua ghiacciata, in modo
da - come si dice in gergo - fissarne la
clorofilla e mantenerne quindi il loro bel colore verde brillante.
Scolate nuovamente le foglie, meglio se una a una, con
delicatezza, e mettetele ben distese ad asciugare, possibilmente in corrente
d'aria, in modo da agevolare l'evaporazione dell'acqua residua.
Quando le foglie hanno perso buona parte della loro
umidità, prendete una teglia e metteteci un foglio di carta da forno, quindi
prendete le foglie di cavolo, arrotolatele su se stesse, senza stringere troppo,
a formare appunto i boccioli - se le
foglie fossero piccole, potete usarne due per ciascun bocciolo, avvolgendo la seconda esternamente alla prima - che
metterete nella teglia, ben separati tra loro.
Infornate a circa 70° per almeno mezz'ora, in modo da essiccare il cavolo nero e rendere
croccanti i boccioli. Mi raccomando,
non abbiate fretta e non alzate la temperatura, dato che il cavolo deve
essiccarsi, non cuocersi, e 70° è la temperatura giusta per far evaporare
l'acqua in modo non traumatico.
Quando i boccioli
sono pronti, tirateli fuori dal forno e, prima di dedicarvi alla cottura del
pesce, ultimo passo della preparazione, controllate la temperatura del brodo, e
nel caso riscaldatelo, in modo da non perdere prezioso prima dell'impiattamento
finale.
Prendete una padella, meglio se anti-aderente, ungetela
con quattro cucchiai d’olio e portatela sul fuoco, a fiamma media e senza
coperchio, poi quando l'olio sarà caldo, ma non bollente, unite i filetti di scorfano
e di triglia - il tempo di cottura sarà più o meno lo stesso - con la parte
della pelle a contatto con il fondo della padella.
Esercitate una leggera pressione sui filetti per il primo
minuto di cottura, poi abbassate la fiamma e, sempre senza coperchio,
proseguite la cottura, fino a quando la parte superiore dei filetti, quella più
distante dal fondo della padella, non avrà cambiato colore, passando da un rosa
intenso ad un rosa quasi bianco, segno dell'avvenuta cottura. In ogni caso
parliamo di circa sei/otto minuti di cottura, non di più, in modo che il pesce
rimanga ben morbido all'interno.
Salate e pepate il pesce solamente nella fase finale
della cottura, poi, quando è pronto, toglietelo dalla padella e mettetelo sul
tagliere, con la pelle rivolta verso l'altro.
Prendete lo zucchero di canna e fate un sottile ma
omogeneo strato sulla pelle di ogni filetto, poi usando il caramellatore fatelo
fondere, fermandovi prima che lo zucchero si scurisca troppo, esattamente come
si fa appunto per la creme brulèe.
Bene, non resta che impiattare, mettendo per prima cosa
un mestolo di brodo in ogni piatto e distribuendo poi in esso i legumi,
cercando di bilanciarli nelle loro diverse varietà e, come detto all'inizio,
senza esagerare nelle quantità.
Disponete poi al centro dei piatti i filetti di pesce,
con la pelle ovviamente rivolta verso l'alto, in modo che rimanga ben croccante
e, per finire, i boccioli di cavolo
nero, che poggerete sul brodo, senza
timore di affondamento, dato che la loro essiccazione li avrà resi
leggerissimi.
Guarnite come meglio credete e poi portate velocemente in
tavola.
Buon appetito.
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