12 maggio 2015

Tutti per uno, uno per tutti !



Dormano pure sonni tranquilli gli epigoni dei Moschettieri, visto che qui non stiamo incrociando le lame, ma più modestamente i carciofi.

Tre per l'esattezza. Come i Moschettieri, ma senza D'Artagnan.

E se le gloriose e nobile gesta dei Moschettieri unirono la Francia, il carciofo unì l'Italia, visto che lo si mangia da nord a sud, nelle sue diverse varietà e nelle sue innumerevoli ricette.

Il carciofo, quindi, senza se e senza ma. Carciofo Uber Alles, come appunto è accaduto durante la Sagra del Carciofo di Chiusure, in quel di Chiusure, appunto, vicino a quel di Asciano, vicino a Quel di Siena, vicino a quel-che-preferite...

Ma andiamo con ordine e partiamo da dove tutto nasce. Da AIFB, che nel suo turbinio di idee sempre originali, sfidanti e gastronomicamente piacevoli, si è ritagliata uno spazio nella sagra, per poter parlare dei carciofi - tre appunto - facendoli rivivere attraverso i racconti di tre Food Blogger, ognuno testimone di una varietà regionale, con tanto di aneddoti, storia, ricette e ricordi.

Tutto nasce, appunto, dall'apertura delle candidature, con la chiamata alle armi di quei prodi Carciofolieri (con buona pace dell'Accademia della Crusca) che volessero mettere il loro sapere a disposizione di tutti.

Ora, e chi mi conosce lo sa, io mi faccio subito prendere dall'entusiasmo, salvo poi cadere nel dubbio "morettiano" del "vengo; non vengo; vengo ma sto in disparte", dove il dubbio è peraltro corroborato dalla mia proverbiale pigrizia, che mi spinge a considerare la casa, e in particolare il divano, come una sorta sacco amniotico, dal quale mai vorrei separami, soprattutto durante i weekend.

Però c'è sempre un ma (o "ma c'è sempre un però" ? Boh...), che questa volta mi ha spinto a pigiare i tastini della tastiera e inviare la mia candidatura, che per qualche curiosa congiunzione astrale è stata pure accettata.

Panico ! Ci vado ? Non ci vado ? Mi invento una scusa surreale ? No, ci vado, basta ! Oddio, e come mi vesto ? Sportivo, ma elegante ? Elegante, ma sportivo ? Sciallo ? Formale ? Come-se-passassi-di-qui-per-caso ?....

Insomma, come un carcerato che aspetta il fine pena, ho cominciato a contare i giorni (famiglia, non ti preoccupare, prima o poi cancellerò le crocette dal muro), con un misto di ansia e di eccitazione, dove ora l'una, ora l'altra, prendevano il soppravvento, provocandomi sbalzi d'umore tali da far credere ad alcuni che fossi il primo caso di uomo in menopausa.

Per il tempo incede. Inesorabile. Lento, ma paziente... e alla fine nulla poteva essere fatto e altro non mi è restato che organizzarmi al meglio, sperando che il mio divano non se ne avesse a male se, per una volta, lo avessi lasciato solo.

Bene, avendo oramai tratto il dado, sono partito con la pianificazione, cogliendo l'opportunità di visitare una delle più belle province d'Italia (per i meno preparati in geografia, sto parlando di quella senese...) e decidendo quindi di arrivare "addirittura" il giorno prima, in compagnia della mia amata e paziente moglie, anche grazie alla meravigliosa ospitalità (gratuita) che ci era stata offerta dall'Agriturismo Baccoleno, una struttura attiva dal 2015, realizzata in quello che una volta immagino fosse un castelletto nobiliare, con tanto di cappella privata (consacrata) e panorama mozzafiato.


Vabbè, sorvolo sul godimento di essere in quei posti meravigliosi, per il paesaggio, la storia, l'arte e... oddio, che manca ?... ah, si, il cibo (quasi me ne scordavo), per arrivare direttamente al momento topico, quello nel quale Monsignor Carciofo avrebbe sfoderato tutto il suo fascino.

Arriviamo quindi a Chiusure e scopriamo, prima ancora di carciofi e altre amenità varie, un borgo assolutamente fantastico, arroccato su un a collina, con saliscendi che mi hanno fatto benedire la mia lungimiranza per essermi portato un defibrillatore portatile (per chi non mi conosce, dico solo che il mio sarto di fiducia è Pitran).

Bello, bello e ancora bello.


Appagati nella vista, ci siamo messi a curiosare tra gli stand e io, ovviamente, essendo universalmente riconosciuto come il "paziente zero" dello shopping compulsivo, non ho potuto fare a meno di mettere mano al portafogli e comprarmi un po' di tutto: dai legumi, ai formaggi; dalle farine, alla cioccolata.

 

Tra una chiacchiera e l'altra e tra una salita e una discesa abbiamo incontrato, in momenti diversi, i compagni di avventura; Cristina Annitelli, del Blog "Kitchen Cri" e Giulietta Bodrito, del Blog "Se cucino...sorrido !", con i quali è nata subito una meravigliosa sintonia e, tra battute (molte) e cose serie (poche), siamo arrivati all'ora di pranzo,.


Ci siamo quindi messi diligentemente in fila (e mai termine fu più appropriato) e, finalmente, abbiamo addentato ciò che da addentare c'era...


...ammirando anche l'efficienza della "catena di montaggio" del carciofo: una vera macchina da guerra, che ha consentito di tenere testa ad una simpatica quanto affamata orda, che credo abbia eguali solo durante la Fuga in Egitto di lontana memoria.



Altre chiacchiere, un sigaro, quattro passi (ancora salite e discese, ahimè), altri piacevolissimi incontri, primi fra tutti quello con Patrizia Mallomo, del Blog "Andante con Gusto" e fantastica organizzatrice del nostro carciofoso intervento e quello con Francesca Cavini, giornalista e blogger e che coordinerà poi la tavola rotonda.

L'ora si avvicina e, come nelle migliori tradizioni, il vento si alza e le nuvole fantozziane fanno capolino all'orizzonte...


Ci sediamo, si siede anche la platea (poco nutrita, per la verità, ma tant'è) e si comincia, con l'apertura di Francesca, alla quale segue l'intervento dell'attualmente unico produttore del carciofo di Chiusure, una varietà toscana della zona di monte Oliveto, in particolare appunto di Chiusure.

Un carciofo molto raro, quasi estinto, ci spiega il simpaticissimo produttore (il nome me lo sono immediatamente scordato, come sempre accade), che si caratterizza per una forma affusolata, per il colore scuro, il capolino compatto e robusto, con le foglie color vinaccia, molto tenere e dal sapore assai caratteristico.

Il produttore ha al momento 1.600 piante, più altre 600 appena piantate, che saranno produttive dal prossimo anno.

Purtroppo, data la scarsa produzione, questa varietà non ha alcun "marchio" (il carciofo romanesco, ad esempio, ha la certificazione IGP dal 2001), cosa che ne rende ancor più difficile il mantenimento della qualità e del disciplinare di coltivazione.

Viene poi il mio turno, durante il quale, con tono fintamente professionale, cerco di parlare del carciofo romanesco, detto anche "mammola" o "cimarolo", decantandone le lodi, tanto temo da far sospettare qualche sorta di mia patologia affettiva nei suoi confronti (ma si sa, non sei romano se non conosci il cimarolo...).


Poi Cristina ci parla del carciofo veneto e Giulietta di quello di Albenga, entrambe con piglio assolutamente professionale e totalmente a loro agio, al di là dei timori iniziali (miei compresi), supportati da pensieri ad alta voce del tipo Oddio, cosa dico ? Come lo dico ? Che postura assumo ? Faccio il simpatico o il saccente ? Rido forzosamente o fingo di essere improbabilmente serioso ?

Insomma, tutto è ben ciò che finisce bene e anche Giove Pluvio ha mostrato la sua benevolenza, lasciandoci asciutti fino alla fine della tavola rotonda.

Che dire, un'esperienza fantastica, diversa, allegra e spensierata, che mi ha fatto conoscere persone simpaticissime con le quali spero di rimanere in contatto.

Bene, ci siamo, il momento del commiato è arrivato e, come ultima celebrazione di Sua Maestà il Carciofo, vi lascio con qualche rimando ad alcune mie ricette che lo vedono protagonista.

Se poi volete rilassarvi e apprendere l'arte della pulizia del carciofo romanesco, allora potete leggervi questo post.

Un saluto, un plauso ad AIFB e Buon Carciofo a tutti !

1 commento:

  1. Esperienza divertente e diversa, grazie per la condivisione, post carinissimo!

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