Preparai
questo piatto tempo fa, come mia proposta per uno dei tanti concorsi di cucina,
per i quali sovente cado in tentazione, ma lo rispolvero volentieri come contributo alla splendida iniziativa di AIFB, che il primo gennaio 2015 ha lanciato il "Calendario del Cibo",
un progetto il cui scopo è promuovere e diffondere la cultura e la tradizione
gastronomica dell’Italia, attraverso l’istituzione di un calendario in cui si
celebrano, in 366 giornate e 52 settimane nazionali, i nostri piatti e i prodotti più tipici.
La
ricetta, che si colloca nella "Giornata delle sarde in saòr", curata da Marianna Bonello e parte del suddetto calendario, celebra appunto il "saòr", termine che confesso ha
sempre suscitato in me una profonda ammirazione per chi, nel tempo e nella
storia, lo ha coniato, insieme ai suoi omologhi quali "scapece" e "carpione",
termini quasi musicali, che amo pronunciare, ma dei quali ignoro totalmente
l'origine e, di più, non riesco a capire quale sia la connessione semantica tra
di essi e gli ingredienti e la preparazione alla quale si riferiscono.
Si,
lo so, le tradizione dialettali direte voi, la storia, la genesi, il
territorio.... vabbè, ho capito, mi arrendo, anche perché lungi da me l'idea di
avventurarmi in meandri epistemologici, cercando di capire se tale conoscenza
sia di fatto possibile, né di cercare di farmi esegeta e lanciarmi
nell'interpretazione delle ricette che a tali termini fanno riferimento
(epistemologia... esegesi... ecco cosa succede a farsi un goccetto prima di
mettersi alla tastiera).
Messi
quindi da parte i deliri semantici, torno a bomba sulla ricetta, che come sono
sicuro saprete, prende in realtà origina da una tecnica di conservazione degli
alimenti, nei tempi in cui il frigorifero era una parola priva di alcun
significato. Tale tecnica, che tipicamente si utilizzava per il pesce, ma che
poi si è estesa anche alle verdure, si è nel tempo evoluta, arricchendosi con
ingredienti, come uvetta e pinoli, per citare i più classici, che nelle
intenzioni (ma direi anche nei risultati) avevano lo scopo di ottenere piatti
più godibili e, perché no, raffinati.
E
saòr sia, dunque ! Anche se, dopo
lunga pensatio, ho deciso di
prepararlo in una versione che combinasse gli ingredienti in modo diverso -
confesso che, per il titolo del piatto, sono stato a lungo indeciso se usare o
meno il termine "decostruzione",
che tanto va di moda - cercando però di rendere evidente il richiamo alle
preparazioni più tradizionali, da cui peraltro il nome del piatto, ad evocare
appunto un ricordo.
Partiamo
con il pesce, le sarde, ovviamente, che se non doveste trovarle potete
orientarvi sulle aringhe o sulle alici, poi, sempre per richiamare le
preparazioni più diffuse, le zucchine, naturalmente quelle romanesche (per un
romano non esistono altre zucchine se non quelle romanesche), che ho accoppiato
alle sarde nella forma di una girella
o involtino che di si voglia, che ho poi infarinato e fritto per due minuti in
olio.
Le
cipolle le ho di fatto separate dalla
preparazione, usandole per farci un freddo,
che deve il nome al fatto che la cipolla, cotta in agrodolce e frullata insieme
al suo sciroppo, viene tenuta per un
po' nel freezer, in modo da renderla appunto e fredda e dargli una consistenza
simile a quella di un sorbetto piuttosto liquido.
Naturalmente
ho poi aggiunto anche pinoli e uvetta, che ho fatto insaporire velocemente in
un fondo agrodolce, preparato con un goccio d'olio extravergine, aceto di mele,
zucchero di canna, acqua e un poco di finocchietto selvatico, giusto il tempo
per rendere l'uvetta morbida.
Per
finire, qui allontanandomi dalla tradizione, ho completato il piatto con dei
biscotti salati, preparati facendo una frolla dove, al posto dello zucchero, ho
usato il pecorino romano - ho usato il riserva di Pitzalis
- e il pepe. Per accentuare la rusticità dei
biscotti, ho usato farina di tipo 2 macinata a pietra.
Ingredienti
(per 4 persone)
Per
gli involtini
- Quattro sarde fresche
- Una zucchina romanesca piuttosto grande
- Un cucchiaio di uvetta sultanina
- Un cucchiaio di pinoli
- Due cucchiai di aceto di mele (o di vino bianco)
- Farina "00"
- Un rametto di finocchietto selvatico
- Olio extravergine di oliva
- Olio per friggere (oliva o arachide)
- Sale
Per
il freddo di cipolla
- Cento grammi di cipolle rosse (se è stagione, usate quelle di Tropea)
- Cinquanta grammi di zucchero semolato
- Cinquanta grammi di aceto di mele o di vino
- Mezzo litro d'acqua
Per
i biscotti salati
- Centoventicinque grammi di farina di tipo 2
- Settantacinque grammi di burro
- Quaranta grammi di pecorino romano
- Mezzo cucchiaino di pepe nero
- Un uovo intero
- Mezzo tuorlo
Per
prima cosa dedicatevi al freddo di cipolle, pulendo quest'ultime eliminandone
lo strato più esterno e le due estremità e poi pesandole nella quantità
indicata.
Prendete
poi un pentolino dove le cipolle possano stare senza troppo spreco di spazio -
se le cipolle sono grandi, tagliatele grossolanamente - unite l'acqua, l'aceto
e lo zucchero, poi portatelo sul fuoco, a fiamma bassa.
Quando
l'acqua è a bollore leggero e lo zucchero completamente sciolto, unite la
cipolle, coprite con il coperchio e fate cuocere delicatamente fino a quando le
cipolle non saranno morbide, cosa che dovrebbe richiedere circa una quarantina
di minuti.
Le
cipolle dovrebbero essere completamente immerse nell'acqua, per cui, nel caso
usaste una casseruola più larga, aumentate la quantità d'acqua e quelle
corrispondenti di aceto e zucchero, in modo da avere un livello sufficiente
all'immersione.
Quando le cipolle sono pronte,
spegnete la fiamma, scolatele e mettetele per qualche minuto in un colino, in
modo che l'acqua interna possa colar via, quindi pesatele nuovamente e
mettetele nel bicchiere del frullatore.
Aggiunge una quantità del liquido di
cottura della cipolla pari alla metà del peso della cipolle, poi fate andare il
frullatore alla massima velocità, fino ad ottenere un composto ben fluido e
senza traccia di residui solidi.
Versate la cipolla frullata in una
ciotola di vetro o in una tazza e mettetela nel freezer, controllando ogni
tanto, per evitare che si solidifichi troppo, trasformandosi in un blocco di
ghiaccio.
Tanto che la cipolla si fredda, dedicatevi
alla frolla, mettendo il burro in una ciotola insieme alla farina, poi usando
la punta delle dita, cominciate ad incorporare la farina la burro, proprio come
si fa con la frolla tradizionale, oppure, se preferite, potete anche mettere
farina e burro nel mixer, facendo andare per una decina di secondi alla massima
velocità, fino ad ottenere un composto leggermente granuloso.
Mettete
il composto sul piano di lavoro, fate la classica fontana e, al centro, mettete
il pecorino grattugiato, il pepe nero e le uova, continuando ad impastare,
sempre usando la punta delle dita, lavorando fino ad ottenere la classica palla.
Non
lavorate troppo la frolla dato che, come la frolla tradizionale, anche questa
richiede una lavorazione breve, altrimenti si corre il rischio di separare
nuovamente il burro dal resto degli ingredienti.
Avvolgete
la frolla nella pellicola trasparente e mettetela in frigorifero per una
mezz'ora, in modo che il burro possa perdere temperatura e ridare maggiore
consistenza alla pasta.
Trascorsa
la mezz'ora riprendete la frolla al pecorino e stendetela ad uno spessore di
circa mezzo centimetro, cosa che farete mettendola su un foglio da carta da
forno, schiacciandola leggermente con le mani, poi mettendo un altro foglio di
carta da forno sopra la frolla e infine, usando il mattarello, portandola allo
spessore indicato.
Quando
lo spessore è quello voluto, togliete il foglio superiore di carta da forno e,
usando un coltello a lama sottile oppure la rotella per la pizza, tagliate la
frolla in modo da dare forma ai biscotti.
Infornate
a 180° per circa venti minuti, e comunque fino a quando la frolla non si sarà
leggermente dorata, quindi tiratela fuori dal forno e fatela freddare, prima di
ricavare i singoli biscotti, che si separeranno facilmente lungo i tagli che
avete fatto prima di infornare.
Mettete
i biscotti da parte e dedicatevi alla preparazione degli involtini, partendo
con la sfilettatura delle sarde, nell'ipotesi che non lo abbia fatto per voi il
pescivendolo o che non le abbiate trovate già pulite e aperte.
Prendete
allora un coltello ben affilato e con la lama molto sottile, bassa e flessibile
e poi, partendo dalla coda del pesce, incidete trasversalmente, fino ad
arrivare alla lisca centrale, poi ruotate il coltello, in modo che la parte
piatta della lama rimanga ben a contatto con la lisca, tagliate per tutta la
lunghezza, fino ad uscire dalla parte della testa. Girate il pesce e ripetete
per l'altro lato, tutto sommato più facile a farsi che a dirsi.
Altro
modo, più di precisione, è quello di usare un coltellino molto affilato e
incidere il pesce nella sua parte superiore, tenendo la lama a contatto con la
lisca centrale e procedere con piccoli tagli verso l’interno del pesce, fino a
separare i filetti. Per capire meglio, potete guardarvi questo video di Coquis - Ateneo Italiano della Cucina.
Usando
poi un paio di pinzette (ci sono quelle specifiche per il pesce), rimuovete le
lische residue, che si trovano nella parte centrale dei filetti e poi, sempre
usando un coltello affilato, rifilateli, rimuovendo la parte di pelle sui bordi
che, normalmente, è più spessa e meno gradevole, sia alla vista che al gusto.
Rimuovete
infine la parte più scura della polpa, quella vicino alle interiora, che ha un
sapore piuttosto forte e amaro.
Pulite
poi le zucchine e, usando una mandolina - potete farlo anche a mano, ma dovete
essere più bravi di un chirurgo di fama - affettatele nel verso della
lunghezza, ricavando fettine di non più di un millimetro di spessore, cosa
necessaria per poterle poi arrotolarle senza che si spezzino.
Considerate
due fettine di zucchina per ogni filetto di sarda, una leggermente più lunga
della lunghezza del filetto ed una più corta di un paio di centimetri, in modo
che, quando arrotolerete il tutto e per effetto dei differenti diametri di avvolgimento, ciascun involtino risulti
ben formato.
Mettete
la fettina di zucchina più lunga sul piano di lavoro, poi sopra il filetto di sarda
e, per finire, la fettina di zucchina più corta, salando infine leggermente.
Partendo
da una estremità, avvolgete il tutto, senza stringere troppo, quindi tenete in
forma l'involtino legandolo con un pezzo di spago da cucina, anche in questo
caso senza stringere troppo.
Mettete
gli involtini momentaneamente da parte e, prima di friggerli, preparate pinoli
e uvetta, facendo rinvenire quest'ultima mettendola a bagno in acqua fredda per
una decina di minuti, per poi scolarla e asciugarla.
Prendete
poi una piccola padella, meglio se anti-aderente, metteteci un cucchiaio di
olio extravergine, il rametto di finocchietto selvatico, lo zucchero di canna,
due cucchiai d'acqua, due di aceto di mele o di vino bianco e portatela sul
fuoco, a fiamma media.
Non
appena lo zucchero si sarà sciolto, unite uvetta e pinoli, alzate un poco la
fiamma e proseguite fino a quando il fondo non si sarà asciugato, lasciandovi
una sorta di sciroppo, momento in cui spegnerete la fiamma e farete intiepidire
il tutto.
Prima
di procedere con la frittura finale, tirate fuori il freddo di cipolla dal freezer e, se vi dovesse sembrare troppo
duro, frullatelo brevemente in modo da renderlo meno compatto.
Prendete
una padella per friggere, metteteci abbondante olio per frittura - idealmente
gli involtini dovrebbero poter essere completamente immersi - e portatela sul
fuoco, ricordando che la temperatura al momento della frittura dovrà essere non
troppo alta, all'incirca 150°, altrimenti la farina tenderà a bruciarsi prima
che pesce e zucchine siano a cottura.
Mentre
l'olio si scalda, mettete due cucchiai ben colmi di farina in un piatto, poi
riprendete gli involtini e infarinateli con delicatezza - l'umidità naturale di
zucchine e pesce è più che sufficiente a far aderire la farina - avendo cura di
far cadere la farina anche all'interno degli involtini.
Tornate
alla padella e, quando l'olio è alla giusta temperatura, cominciate a friggere
gli involtini, ricordandovi di eliminare la farina in eccesso prima di
immergerli nell'olio e facendo in modo che questi siano ben separati tra di
loro, senza avere fretta di friggerli tutti insieme.
Mano
a mano che gli involtini sono pronti - io, come già detto, ho fritto ciascun
involtino per un paio di minuti - scolateli delicatamente, metteteli in un
piatto, sul quale avrete messo qualche foglio di carta da cucina o per frittura
e poi eliminate lo spago da cucina, senza timore dato che la cottura avrà bloccato gli involtini nella loro forma.
Quando
avete fritto tutti gli involtini, procedete rapidamente con l'impiattamento,
mettendo per prima cosa un cucchiaio di freddo
di cipolla sul fondo di ciascun piatto, poi disponendo l'involtino sopra di
esso e, usando un cucchiaino, facendo cadere un po' di pinoli e uvetta
all'interno degli involtini.
Per
ultimo i biscotti di frolla al pecorino, che potete inserire delicatamente
all'interno di ciascun involtino, in modo che rimanga in posizione, quasi fosse
una cialda infilata nel gelato.
Guarnite
come meglio credete e portate rapidamente in tavola, per evitare che il freddo di cipolla cominci a sciogliersi.
Fantasia e innovazione in un colpo solo. Bravissimo!
RispondiEliminaGrazie Silvia :-)
EliminaUAUUUUU... che pietanza!!! Chapeau Andrea. Grazie mille. Marianna
RispondiEliminaMuy obrigado :-)
EliminaChe ti devo dire...tra epistemologia...e esegesi hai fatto un capolavoro!
RispondiEliminaGrazie Sabrina e a presto !
EliminaComplimenti! Mi perdo piacevolmente nella lettura :)
RispondiEliminaBuon calendario del cibo italiano!
Tiziana
Grazie Tiziana :-)
EliminaAndrea è OTTIMO! Hai fatto un capolavoro
RispondiEliminaGrazie Walter :-)
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